Il «grande mistero», lo definisce Ugo Salerno. Il riferimento dell’amministratore delegato del Rina è al fenomeno delle cancellazioni di ordini ai cantieri navali. Una autentica emergenza, secondo gran parte degli analisti, soprattutto londinesi. Un «mistero», appunto, secondo Salerno. «C’è un grande allarme nel mondo dello shipping, ma posso garantire che nessuno dei nostri clienti fino ad oggi ha cancellato un solo ordine», dice.

 

«La parte navale della nostra attività sta dando buoni risultati. Da quella industriale, dopo due mesi drammatici, a marzo sono arrivati addirittura segnali di crescita. Il portafoglio è intatto, e questo anche grazie a una politica selettiva che ci ha permesso, fra l’altro, di non avere in un anno nessuna detenzione in tutti e tre i memoranda di Port State Control. Qualche cancellazione potrà esserci fra il 2010 e il 2011, ma fino a questo momento il settore regge. E bene».


Anche per questo il Rina, che da anni ha puntato sulla diversificazione delle attività, continuerà a investire e ad espandersi, in primo luogo all’estero. «Nel 2009 apriremo altri sette uffici in Asia, un continente dove siamo già presenti con 200 persone, di cui 60 solo a Shanghai. Guardiamo con grande attenzione alla Cina, perché è lì che si sta spostando velocemente il baricentro dello shipping. Il nostro obiettivo è una presenza a 360 gradi: non solo per le attività di approvazione e verifica disegni, ma anche per un supporto tecnico vero e proprio».

 

L’armamento cinese, nonostante la recessione («ma non dimentichiamo che il Pil della Cina quest’anno salirà dell’8%: nella peggiore delle ipotesi, in cinque anni il prodotto interno lordo aumenterà del 50%»), è in grande fermento. Salerno spiega che «stanno nascendo nuovi soggetti privati che affiancheranno i colossi come Cosco e China Shipping, soprattutto nel settore rinfuse.

 

Il gigantesco piano di stimolo di Pechino sta sostenendo molto l’economia marittima e, ne sono certo, aiuterà il mondo a uscire dalla crisi. Per quanto ci riguarda, abbiamo istituito un advisory committee di 40 armatori, di cui una dozzina sono già nostri clienti: vogliamo essere protagonisti di questo mercato, che ha potenzialità immense.

 

Nel carbone, per esempio. Oggi la Cina ne importa poco, ma quando aumenterà la richiesta di energia, che per il 75% arriva proprio dal carbone, il mercato prenderà il largo». Cina, ma non solo. Fra i mercati più seguiti dal Rina ci sono la Turchia, un paese che sta lanciando «una nuova classe di armatori, giovani e molto preparati» e il Sud America, «un’area ambitissima dalle compagnie asiatiche». Al recente Mareforum di Sorrento gli armatori, su tutti Giuseppe Bottiglieri, hanno parlato di «esigenza di un piano straordinario di demolizioni».

 

Salerno definisce «saggia» questa scelta e va oltre: «Penso che in molti casi la priorità sia la rinegoziazione dei contratti con i cantieri. Oggi gli ordini sono sbilanciati verso le capesize, ovvero verso le navi più grandi. Ho suggerito agli armatori di costituire dei pool per andare a trattare insieme, e non singolarmente, con i costruttori.

 

Non per cancellare contratti: per farne di nuovi, più idonei al momento economico che stiamo attraversando». Dalla crisi, conclude Salerno, «possono nascere opportunità, etiche ed economiche. Per chi, come noi, lavora nel campo della certificazione si aprono prospettive molto interessanti». Gli esempi del cambiamento in corso non mancano anche in Italia. «Gli armatori Balzarini e Zacchello, per citare un caso importante, stanno investendo sulle “demolizioni pulite”.

 

E sta crescendo il numero di operatori che preferiscono spendere qualche dollaro in più a tonnellata per evitare di consegnare le vecchie navi a società del Bangladesh che le smantellano sulle spiagge, facendo lavorare in condizioni disumane gli operai». Quello che appare certo è che la recessione «lascerà in dote un mondo diverso, con una maggiore moralizzazione rispetto al passato. A patto che tutti facciano la loro parte». Anche le banche? «Assolutamente. Ridurre ora i finanziamenti alle aziende sarebbe una scelta sbagliatissima.

 

L’economia sta ripartendo, i governi hanno dato la scossa che i mercati si aspettavano: ci sono le condizioni per uscire dalla crisi. Ma per farlo c’è anche bisogno dell’aiuto del settore creditizio, questo è poco ma sicuro».

 

(da: shippingonline.ilsecoloxix.it del 15.05.2009)