Dopo i drammatici eventi terroristici del 11 settembre 2001, il mondo dello shipping
è stato scenario di notevoli mutamenti sia a livello procedurale
che commerciale. Cambiamenti che hanno radicalmente modificato antiche
abitudini e che hanno rivoluzionato il lavoro per molte figure 
professionali. I cambiamenti non hanno riguardato solo ed
esclusivamente il mondo del lavoro ma anche il più complesso
mondo dei rapporti commerciali alla cui base si trovano tutte le
direttrici di traffico che compongono lo shipping.
Flussi di traffico provenienti e diretti principalmente da e per le tre
macroaree economiche mondiali ossia il continente americano , quello
europeo ed in fine quelle asiatico.  Tutte le nuove misure
previste e attuate per prevenire ogni attacco terroristico che potesse
riguardare le navi e le infrastrutture portuali, vedono come maggiori
protagonisti gli Stati Uniti , e in minore parte anche il Canada. Sono
questi paesi ad avere implementato tutta una serie di regole che poi
sono state imposte su tutti i traffici in ingresso verso gli Usa ed il
Canada.  Le nuove regole, che vanno dalla ben nota “24 hours rules
al C-tpat, a un'attenta analisi  potrebbero sembrare regole
unilaterali che vincolano i vettori e numerosi altri operatori a
uniformarsi a quelle che sono le sempre più vincolanti procedure
create dai due paesi sopra citati. Tutti gli operatori che agiscono
lungo l’intera catena trasportistica si trovano così dinnanzi a
un processo, più o meno lungo, d’implementazione e di
adeguamento di tutte quelle regole e  accordi che costituiscono il
complesso mondo della security.
Il processo comporta chiaramente costi, sia monetari e sia in termini
temporali, che al momento attuale sono sostenuti dagli operatori che
agiscono al di fuori dei confini americani e canadesi.  E' proprio
questa mancanza di equilibrio tra quanto imposto dagli Stati Uniti e
quanto finora previsto dalle stesse autorità d’Oltreoceano, a
portare gli operatori europei e asiatici in una condizione di
svantaggio  economico e operativo. Infatti allo stato attuale
delle cose non troviamo nessuna legge, pari a quelle americane e
canadesi, emessa da un qualsiasi governo europeo o asiatico. Inoltre
l’adozione delle regole e degli accordi mirati alla prevenzione di
attacchi terroristici e alla protezione del territorio americano e
canadese, ha di fatto trasformato un rischio relativo alla sicurezza in
un vero e proprio rischio d’impresa, eliminando così gli
operatori che non erano in grado di implementare nella loro
organizzazione  tutte le nuove procedure richieste.
E' per queste ragioni che  si può pacificamente affermare
che tutte le norme scaturite in tema di sicurezza del territorio
americano abbiano portato a conseguenze economiche e politiche. Quelle
economiche sono riscontrabili nel maggiore onere economico sofferto da
tutti gli operatori del settore marittimo, quelle politiche sono
focalizzabili nel braccio di ferro che si potrebbe instaurare tra
Unione europea e gli Stati Uniti.
Concludiamo aprendo alcuni quesiti di natura politico-economica:
il  maggior onere a livello economico imposto agli operatori
europei potrà portare in un prossimo futuro a una distorsione
delle direttrici di traffico per gli Stati Uniti? E a livello europeo,
verranno emanate leggi e regolamenti pari a quelli americani
riposizionando così l’ago della bilancia in posizione centrale?