Con l'Adr 2005, aggiornamento delle procedure per il trasporto di merci pericolose del precedente Adr 2003, la security entra a pieno titolo nelle incombenze anche dell'autotrasporto. Entro il 30 giugno prossimo lo Stato italiano dovrà recepire la direttiva 2004/111/Ce, che ha dato veste europea alle nuove norme internazionali. Secondo Adr 2005, “i trasportatori, coloro che effettuano le consegne, coloro che si occupano di caricare i mezzi, di imballare la merce pericolosa o comunque riempire i contenitori nei quali è stivata per il trasporto devono adottare, implementare e conformare le proprie operazioni a un piano di security conforme ai requisiti minimi specificati”.

Quanti autotrasportatori saranno coinvolti da questa normativa?
“Si tratta – risponde il vicepresidente di Anita, Renzo Muratore, che rappresenta le grandi imprese di autotrasporto aderenti a Confindustria – di circa 15-20.000 che trasportano merci pericolose, su un totale di 250.000″.
Gli autotrasportatori hanno coscienza, nei loro viaggi, di potersi trovare a bordo un carico inatteso? Magari un passeggero nascosto o, peggio, materiale pericoloso che non sanno di trasportare?
“Il security plan rientra nelle procedure previste dall'Adr, sul quale in Italia c'è stato un aggiornamento molto maggiore rispetto agli altri Paesi. Per far fronte al tipo di situazioni a cui faceva riferimento, comunque, ci sono i controlli alle frontiere o nei centri dove vengono effettuate le operazioni di carico e scarico e che hanno già piani di sicurezza, alcuni anche certificati”.
Che cosa comportano per voi queste nuova procedure?
“Intanto non si tratta solo dei security plan, ma anche di norme riguardanti la privacy e la formazione. Le grandi aziende sono già strutturate con uffici e consulenti. Per aiutare quelle più piccole, ci sono le associazioni. In Anita c'è un dipartimento che da' informazioni sia per la documentazione che per la formazione. Anche in Fita-Cna e Confartigianato Trasporti seguono le aziende e fanno corsi di formazione per le piccole imprese, guidandole nella preparazione di piani di sicurezza completi e rispettosi delle norme. Ma tutto ciò porta costi aggiuntivi, sia diretti sia indiretti”.
A che cosa si riferisce con costi indiretti?
“L'adeguamento alle nuove norme viene pagato dagli utenti. Il security surcharge è a carico direttamente della merce, ma è chiaro che si riversa anche sugli autotrasportatori. Il differenziale fra le tariffe ufficiali e quello che viene effettivamente pagato per il trasporto è arrivato ormai al 20%. In Italia abbiamo gasolio e costo del lavoro più alti d'Europa. Imporre agli autotrasportatori altri balzelli per la security porterà sicuramente reazioni”.
Quale può essere la soluzione?
“E' mancato un intervento generalizzato da parte dell'Europa e dell'Italia per far sì che a pagare non fossero gli operatori. E' vero, il governo ha stanziato 130 milioni per la security nei porti. Ma a chi sono stati dati e per fare che cosa? E per il resto si continua con gli interventi a pioggia, cosicché molto è lasciato ancora alla libera iniziativa. Occorrerebbero linee guida europee per armonizzare i costi delle imprese dovuti al problema della security in tutti i Paesi più evoluti.