Nell’ultimo decennio lo sviluppo dei containers e il significativo sviluppo del Trasporto marittimo hanno avuto una crescita parallela. Oggi circa il 70% del commercio mondiale si svolge via mare. Il settore dei trasporti marittimi, in particolare quello dei container, non offre solamente una forte crescita (le previsioni sono: +6,5% all’anno fino al 2010), ma anche… la più remunerativa. Infatti le merci con un alto valore aggiunto (abbigliamento, high tech, pezzi di ricambio) sono trasportate via container. Tuttavia la containerizzazione deve confrontarsi ogni giorno con una serie di cambiamenti sia interni (standard, situazione economica, ecc.) sia esterni (fusioni, security, etc.). Secondo Michel Hennemand, presidente dell’ente francese BIC (Bureau International des Conteneurs) che organizza a Genova il 12 e il 13 settembre prossimi un meeting internazionale incentrato sul tema della security nel trasporto intermodale: “Oggi giorno le infrastrutture non sono preparate per affrontare la globalizzazione”.

La lotta per gli standards e la sicurezza
Il primo punto che coinvolge tutti gli attori del settore concerne la dimensione dei container. Oltre ai container standard (Iso da 20, 30 e 40 piedi), sono state avanzate proposte per l’aggiunta di un “super” container da 45 piedi. Questa idea, se dovesse prendere campo, potrebbe porre seri problemi nella fase di trasporto terrestre pre e post imbarco (tunnel che dovrebbero essere allargati, misure e portata di mezzi pesanti). Ciò pone anche agli armatori un problema di “palletizazione”, soprattutto in Europa: i carichi che viaggiano su pallet (800×1.200 mm) richiedono contenitori più larghi di quelli Iso; per questo sono stati introdotti sul mercato i “contenitori domestici europei” larghi 2.550 mm e anche contenitori chiamati “palett wide”.
Un altro punto cruciale è la sicurezza. Dall’11 settembre 2001, con gli attentati a New York, le autorità americane adottano una serie di misure con lo scopo di proteggersi contro ogni possibile attacco terroristico. I due maggiori porti francesi, Le Havre e Marsiglia, hanno dovuto sostenere investimenti per gli scanner e per adottare una serie di procedure di sicurezza: tutto ciò solamente per continuare ad avere rapporti commerciali con gli Stati Uniti. Gli armatori temono che il moltiplicarsi di misure inappropriate e soprattutto il conseguente costo economico possano diventare penalizzanti per la loro attività.

Situazione economica: reale o una bolla speculativa?
Le misure di sicurezza, sotto l'aspetto economico, sono caratterizzate da una congiuntura “rovente”. Secondo il broker francese Barry Rogliano Salles l’alto valore dell’euro promuove le esportazioni cinesi (il 25% del commercio mondiale) e gli armatori, come gli operatori portuali, non sono in grado di assorbire tali volumi. La risposta al problema della capacità dei terminals e delle flotte sarà per noi la più grossa scommessa del 2005. Infatti, con un costante aumento della domanda mondiale rilanciata anche dallo sviluppo dell'Asia e in particolare della Cina, i cantieri navali hanno difficoltà a rispondere alle richieste. Nel 2004 le flotte complessive dei 25 massimi operatori mondiali passarono da 5,5 a 6,6 milioni di teu (+11,5%). Allo stesso tempo la capacità disponibile del mercato è cresciuta (+9,1% nel 2004) fino a raggiungere gli 8,1 milioni di teu all’inizio del 2005 (nel 2003 erano 7,4 milioni). Il tutto si mosse in parallelo all’aumento del prezzo delle materie prime (acciaio, olio, etc.). Un esempio: negli anni ’90 le navi commissionate ai cantieri avevano una capacità massima di 8500 teu, oggi non è raro registrare ordini per giganti da 10.000 e anche 12.000 teu. Sale il prezzo delle navi, ma anche quello per il trasporto e questo dovrebbe rendere felice… chi noleggia i container! Ma la domanda è salita a tal punto che gli armatori preferiscono comprare i concorrenti piuttosto che commissionare nuove navi. Come mostrano le tre maggiori operazioni di fusione portate a termine dall’inizio del 2005: il leader mondiale, il gruppo danese APMoeller-Maersk ha comprato Royal P&O Nedlloyd; la compagnia francese Delman (Bolloré Group, specializzato nelle linee africane) sta per essere venduta al gruppo francese Cma-Cgm; e la tedesca Tui ha fatto recentemente un’offerta per acquisire la canadese CP Ships (per 1,7 milioni di euro), ma Cma-Cgm potrebbe fare anche una contro proposta. Le concentrazioni non sono tutto. Gli armatori sono anche alla ricerca di nuovi finanziamenti. Il principale operatore cinese dei container, Cosco, è entrato questa estate nel listino dei titoli quotati in Borsa. Dieci tra i più grandi armatori faranno lo stesso per la fine dell’anno. Ora, si sa: “nessun albero cresce fino a toccare il cielo”. E così questa crescita continua preoccupa alcuni specialisti. La domanda in questione è: la crescita di questo settore sarà duratura o stiamo assistendo a una semplice bolla speculativa? La conseguenza finale di tutto questo è una congestione dei porti. Per accogliere queste navi servono porti in acque profonde. Invece, i porti esistenti, sopratutto nella vecchia Europa, non sono attrezzati per accogliere queste navi giganti, le quali a loro volta non possono permettersi di restare ferme per più giorni in coda. E' per questo che i porti si sono lanciati in tutto il mondo in investimenti infrasturtturali per accrescere la propria capacità. E' chiaro quello che c'è in gioco: la ridistribuzione delle carte del commercio marittimo internazionale.