L'Imo emanò le regole su ISPS nell'ormai lontano dicembre 2002 e diede tempo a tutti gli Stati di aderire entro e non oltre il 1° luglio 2004.
In Italia attendemmo il 30 giugno 2004, giorno ultimo di scadenza, per ratificare e implementare le regole. Motivo: non si riuscì e non si è riusciti tuttora a identificare a chi competa il ruolo di Rso (Recognized Security Organization), cioè quale struttura debba avere il ruolo di coordinatore nazionale per la sicurezza. Diatribe fra ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ministero dell'Interno tengono ancor oggi l'argomento in sospeso. Il ruolo di Rso è, per dirla con un termine purtroppo ricorrente, commissariato attraverso una giunta formata dai due Ministeri (Corpo delle capitanerie di Porto- Divisione VI per il ministero dei Trasporti e la Polizia di Frontiera per l’Interno) assieme al ministero delle Finanze attraverso la Guardia di finanza.
Anche le regole europee sul libero mercato hanno aiutato a rallentare l'identificazione del Rso italiano. Infatti in un primo tempo si era ipotizzato di affidare il ruolo all'inossidabile Registro Italiano Navale, ma non se ne fece niente, perché le regole prevedono un bando di gara comunitario e vietano la licitazione privata.
Tuttavia il governo italiano di allora una cosa la decise: fornire un cospicuo finanziamento a tutte le Autorità portuali (circa 130 milioni di euro, di cui solo a Genova 9 milioni) per attrezzare le aree pubbliche dei porti secondo i requisiti di security dettati da Isps. Non si volle tener conto del fatto che i principali traffici merci ormai avvengono attraverso strutture portuali sì, ma private!
Questi soldi non potevano essere erogati a privati per le norme europee sugli aiuti di Stato. Dovrebbero quindi essere stati utilizzati solo per le zone gestite pubblicamente dalle Authority. Nel visitare porti importanti quali Genova e Livorno, tuttavia, non si vedono segni tangibili evidenti che siano state realizzate le strutture dettate da Isps. Per esempio ancor oggi il canale del porto di Livorno non è illuminato come dovrebbe essere. Se i soldi sono stati spesi, insomma, gli operatori non ne riescono ad apprezzare pienamente i benefici.
I terminal privati, che devono interfacciarsi con la parte nave e coi loro partner internazionali, hanno pienamente interpretato e soddisfatto le richieste dei regolamenti Isps attraverso l’mmediato aumento della vigilanza privata ai ''gate'' e nelle aree operative; l’ncremento delle ronde notturne; il rinforzo delle difese a monte e a mare anche con installazione di sensori di allarme; l’nstallazione di telecamere per il monitoraggio delle aree assegnate; i doppi accessi guardianati con filtro badge per tutti i lavoratori e i visitatori; lo screening visivo dei documenti dei visitatori.
Nel porto di Genova i terminal privati stanno studiando il monitoraggio costante dei movimenti, sia dei visitatori sia degli operatori, attraverso uno speciale badge elettronico che ne permette la rilevazione in tempo reale. Il modello è il sistema Twic statunitense. In altri porti le Authority stanno cercando di introdurre procedure di accesso via via più complesse, che richiederanno l’impiego di ingenti risorse e crescenti difficoltà per lo svolgimento delle attività che comportano l’ingresso in porto di ditte in appaltatori, trasportatori, ecc.