Destinare il 5% dell’Iva ricavata dai traffici agli investimenti delle Autorità portuali. È questa la proposta di autonomia finanziaria che oggi a Roma il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, tirerà fuori dal cilindro all’assemblea nazionale di Assoporti, l’associazione dei porti italiani. Circa mezzo miliardo di euro l’anno, messi in cassaforte e gestiti dallo stesso ministero, che li girerà alle Autorità portuali nel momento in cui ne facciano richiesta per finanziare i loro investimenti. Tutto a partire dal 2012: con un po’ di malizia, viene da pensare che la patata bollente dell’autonomia finanziaria verrà così scaricata nelle mani del prossimo governo. Ora, bisogna vedere se questa norma sarà gradita ai presidenti delle Authority – delle entrate fiscali realizzate ogni anno nelle dogane dei porti, a questi enti non rimane in tasca nulla – e capire come sarà integrata nel testo della riforma portuale.

 

E la riforma sarà con tutta probabilità l’altro pezzo forte della giornata: pochi giorni fa infatti il Senato ha sfornato l’ultimissima bozza. La sua presentazione ufficiale dovrebbe avvenire oggi. Resta da capire se questo effettivamente sarà, si può dire, la cosa più vicina al testo definitivo, pronto a sostituire la legge portuale del 1994. La riforma è in lavorazione al Senato, in “commissione ristretta”. Se tutti gli emendamenti saranno approvati, il testo tornerà alla commissione Lavori Pubblici: se anche qui ci sarà pieno accordo tra maggioranza e opposizione, la riforma potrebbe essere approvata dalla commissione stessa, senza bisogno del passaggio in aula. A parte tutti questi “se”, la riforma approderà in commissione in 20 giorni. L’ultima bozza della riforma era uscita lo scorso 28 luglio.

 

A differenza di quel testo, sono state apportate alcune modifiche: sul fronte del lavoro, è stata eliminato l’avvalimento, cioè la possibilità di scambiare lavoratori tra un terminal e l’altro: e qui sono state accolte le richieste dei sindacati. Sulla governance, sono aumentati i poteri del presidente dell’Autorità portuale: in casi di urgenza, per esempio, il presidente può decidere di dare concessioni a terminalisti, o autorizzazioni a imprese di servizi (in entrambi i casi, per un periodo di quattro anni) senza la delibera del Comitato portuale. Novità anche sulla nomina del presidente, oggi fonte di liturgie e interminabili litigi.

 

Secondo l’ultima bozza, si dovrebbe procedere così: il nominativo lo sceglie il ministro, se alla Regione va bene, si passa alla nomina. Altrimenti, il ministro manda un altro nome. Se anche questo non va bene, la palla passa al Consiglio dei ministri, che può approvare il nuovo presidente solo dopo l’assenso della Conferenza Stato-Regioni. Bisogna vedere se gli enti locali accetteranno questa proposta: ancora ieri il deputato Pd Mario Tullo, denunciava nella riforma il «forte ridimensionamento delle autonomie locali». Tra l’altro, viene eliminata la possibilità, da parte delle Regioni, di adottare norme di esercizio sullaregolazione dei sistemi logistico-portuali. Non passa infine la possibilità di sdemanializzare i terreni inutilizzati di competenza delle Authority, ma rimane la possibilità di darli in concessione per 99 anni.

 

(da: shippingonline.ilsecoloxix.it del 01.10.2009)