Lo scorso 20 luglio, mentre gli addetti alla sicurezza del Vte individuavano il container radioattivo che ha creato preoccupazione e polemiche nel porto di Genova, proprio sulle banchine di Voltri era in visita, ospite della dogana ligure, una delegazione statunitense. I funzionari americani dovevano valutare  come installare anche a Genova i portali del programma Megaports, che consentono la rilevazione in tempi molto rapidi di materiale radioattivo all'interno dei container. Una coincidenza sorprendente che non ha mancato di suscitare commenti sorpresi anche fra i visitatori e i loro ospiti. “E' – afferma il direttore regionale delle dogane della Liguria, Andrea Zucchini – una coincidenza positiva, che richiama ancora di più l'attenzione su questi problemi e sulla necessità che anche gli scali italiani si mettano sulla scia degli altri porti mondiali”.
Il programma Megaports è stato avviato nel 2003 dal dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti. Attualmente hanno aderito 27 porti e per il 2015 l'amministrazione statunitense vuole arrivare a cento. L'Italia è entrata nel 2010. Lo scorso marzo è stato firmato a Roma il memorandum d'intesa fra il sottosegretario agli Affari esteri, Enzo Scotti, l'ambasciatore statunitense a Roma, David H. Thorne, a nome del dipartimento per l'Energia degli Stati Uniti, e il direttore dell'Agenzia delle Dogane, Antonio Peleggi. L'accordo prevede l'utilizzo nei porti italiani di apparecchiature per l'individuazione di materiale radioattivo e nucleare. Successivamente un tavolo tecnico fra il dipartimento americano dell'Energia e l'Agenzia delle Dogane italiana ha deciso che fossero Genova e Gioia Tauro gli scali italiani da includere nel programma.
“Adesso – spiega Zucchini – siamo alla fase di progettazione e condivisione. Non sappiamo ancora quanti portali verranno installate a Genova. L'obiettivo è di non rallentare il traffico, seguendo l'esempio dei porti dove il sistema è già operativo, come Rotterdam e Anversa. Inoltre bisogna assicurare la parità fra i terminal, perché nessuno venga penalizzato più degli altri. Per questo abbiamo dovuto spiegare bene agli americani la complessità dello scalo genovese. Loro pensavano che si trattasse solamente del terminal di Voltri”.

I costi verranno scaricati sugli operatori? “No” rassicura il direttore regionale.

Aumentando i controlli scopriremo che casi come quello del container radioattivo di Voltri sono più frequenti di quanto immaginiamo?
“Auspichiamo di no, ma potrebbe anche essere. Senza portali non sappiamo che cosa gira attorno”.

Il container di Voltri arrivava da Gioia Tauro, dove non era stato controllato perché le procedure per i traffici di transhipment non lo richiedono. L'inclusione di Gioia Tauro nel progetto Megaport significa che le cose cambieranno?
“Sì, i portali serviranno per controllare anche i container in transhipment”.

Il progetto Megaport prevede la presenza di funzionari americani nei porti italiani, come per la Container security intiative (Csi)?
“Questo è un aspetto ancora da definire, ma il progetto non è necessariamente collegato alla Csi”.

Quali saranno i prossimi passi del programma?
“A settembre gli americani ci consegneranno la relazione sul sopralluogo che hanno fatto, su cui faremo una riflessione a livello locale. In questa fase verranno coinvolti anche gli altri operatori portuali, oltre ai terminalisti”.