Negli
ultimi quattro anni sono stati ben 62 marittimi che hanno perso la vita a
seguito di attacchi di pirateria nel golfo di Aden e nell’Oceano Indiano. I
decessi sono avvenuti sia con omicidi diretti che a causa di suicidi durante il
periodo di prigionia, malnutrizione e malattie contratte nei lunghi mesi di
sequestro. La campagna SOS (Save Our
Seafarers)
enfatizza che in quattro anni i marittimi rapiti e tenuti in
ostaggio dalle bande armate sono stati oltre 3.500. Molti sono rimasti
traumatizzati: nel corso della detenzione spesso sono stati utilizzati come
scudi umani, oppure costretti a operare la loro nave come nave-madre e punto di
partenza per i pirati, in uno stato di profondo stress fisico e d emotivo. Centinaia
di questi marittimi sono stati soggetti a torture terrificanti: “sono stati
appesi alle murate delle navi, chiusi nelle celle frigorifere, i loro genitali
sono stati legati con cavi elettrici, sono stati picchiati, presi a pugni e
calci. Molti di questi marittimi sono quindi rimasti traumatizzati e oggi non
sono più in grado di tornare al lavoro a bordo delle navi. La loro carriera è
finita, per sempre”.