Presieduta da Corrado Antonini,
si è tenuta a Roma l’Assemblea di Assonave, l’associazione nazionale di
costruttori, riparatori e fornitori navali. Dalla relazione presentata è emerso
che la cantieristica mondiale, nonostante abbia registrato un discreto
miglioramento degli ordinativi nel 2010 e ancora nei primi mesi di quest’anno,
rischia di dover attendere ancora a lungo prima di ritrovare un equilibrio
sostenibile con la domanda, atteso che il monte ordini a fine anno continuerà a
collocarsi ben al di sotto della capacità produttiva mondiale. Nel 2010 il
volume totale delle commesse è stato di circa 39 milioni di tonnellate di
stazza lorda compensata dopo il minimo storico di 15,9 milioni del 2009: una
crescita significativa, ma che si raffronta con una capacità produttiva
mondiale – per circa l’80% concentrata nel Far East – salita ulteriormente a
circa 60 milioni di tonnellate anche per l’entrata di nuovi Paesi costruttori
(India e Brasile). In questo contesto la navalmeccanica europea appare ormai di
fatto estromessa dal grande mercato delle navi da trasporto, potendo contare,
grazie alle produzioni di nicchia ad elevata tecnologia, solo su una quota
marginale di pochi punti percentuali sul totale mondiale. Con il progressivo
assottigliarsi dei carichi di lavoro, la pressione sui prezzi si è acuita e il
confronto sul piano commerciale per aggiudicarsi le commesse è divenuto più che
mai agguerrito. La Cina contende alla Corea il primato nella costruzione
navale, spingendo quest’ultima sempre di più verso le tipologie di prodotto a
più alto contenuto tecnologico. Sul fronte delle navi passeggeri, il mercato
sta mostrando segnali di ripresa, ma le stime più accreditate indicano che nei
prossimi anni gli armatori punteranno ad aumentare la redditività piuttosto che
le flotte. Le previsioni a medio termine sugli ordinativi ai cantieri parlano
infatti di non più di 6-8 navi l’anno contro le 12 sulle quali si poteva
mediamente contare nel periodo 2004-2007, e le 16 di picco nel 2007, e comunque
con consegne spalmate su un periodo più lungo. Da qui l’impossibilità oggettiva
di saturare la capacità produttiva dei cantieri dedicati a questa
qualificatissima nicchia, cantieri ancora localizzati tutti in Europa: Italia,
Germania, Francia, Finlandia; ne consegue che le aziende comunitarie,
penalizzate anche dalla forza dell’euro, sono state tutte coinvolte dalla
crisi. E’ essenziale che la Commissione europea condivida l’esigenza, già
emersa gli anni scorsi e mai tradotta in provvedimenti concreti, di fornire
stimoli alla domanda finalizzati all’eliminazione dalle acque europee del
naviglio obsoleto e di adottare strumenti a favore della costruzione di navi
avanzate sotto il profilo ambientale. Ciò favorirebbe il superamento della fase
di stallo della domanda nel settore dei traghetti, fortemente penalizzato dalla
difficoltà di reperire finanziamenti per le nuove costruzioni e dal processo di
razionalizzazione in atto tra le compagnie armatrici. In definitiva quindi, con
il perdurare della crisi e senza interventi della UE per favorire la ripresa
produttiva – peraltro al momento tutt’altro che condivisi in ambito comunitario
– si aggraverebbe ulteriormente la situazione del settore cantieristico
comunitario, che ha già perso in questi ultimi tempi 50.000 posti di lavoro.