Nei sei mesi in cui i container si sono fermati c’è stato anche chi è riuscito a farci dei soldi. Per esempio gli olandesi di Temphousing, una società che costruisce case utilizzando i cassoni per il trasporto merci. Container nuovi, si intende, ma sostengono i manager che si possano utilizzare anche quelli inutilizzati. Davvero, sulle banchine di tutto il mondo non mancano i “vuoti”.

 

Magra consolazione per tutti gli altri – armatori, lavoratori portuali, cantieri navali – che hanno visto sgonfiarsi come un palloncino un business che tutte le previsioni davano in rapida evoluzione. Invece è stato il crollo. Sono fallite compagnie portuali – a Rotterdam, per esempio -, agenti marittimi e armatori hanno tagliato i costi, partendo dal lavoro, praticamente ovunque, qualcuno (la compagnia tedesca Hapag Lloyd, ad esempio), fatica a guardare con fiducia a un futuro appesantito da troppi debiti. Ma quanto sia stato pesante il crollo lo dicono soprattutto i dati che pubblichiamo sui traffici container nei maggiori porti italiani, europei e mondiali nei primi sei mesi del 2009.

 

Il rosso domina praticamente ovunque, Valencia fa eccezione ma solo grazie ai container trasbordati da una nave all’altra, senza scaricare la merce a destinazione: la Spagna, in effetti, è uno dei mercati più depressi. Non si salva nessuno eppure, in Italia come altrove, pochi rinunciano ai progetti di espansione portuale. Sbornia ottimista, o davvero il consumismo riprenderà a viaggiare – prima o poi – sulle navi cariche di container?

 

I dati per ora non sono incoraggianti, anche se c’è chi, pure sottovoce, sostiene che il peggio sia passato. Lo dicono, ad esempio, i dati del centro studi di Axs Alphaliner secondo cui, a luglio, il numero delle navi portacontainer in disarmo è leggermente diminuito: la capacità non utilizzata è pari a 1,2 milioni di teu, prima era 1,42 milioni. Basta per dire che da ora in poi si tornerà a crescere? «I dati a nostra disposizione – spiega Luigi Merlo, presidente dell’Autorità portuale di Genova – ci dicono che nel 2010 si vedranno dei primi segnali di ripresa. Ma per arrivare ai volumi del 2007-2008 passeranno 3-4 anni nella migliore delle ipotesi. Sei, secondo le previsioni più pessimistiche».

Eppure, vuoti di container, i moli genovesi sono occupati dalle gru per costruire nuovi terminal: dopo anni di stasi, sono partiti i lavori di Calata Bettolo che permetteranno a Genova di movimentare 550.000 container da venti piedi (teu) in più l’anno, cui si devono aggiungere altri 400.000-500.000 del sesto modulo di Voltri, sinora ben poco utilizzato. Rischiano di rimanere vuoti? «No – assicura Merlo – il porto sta recuperando competitività: dai dragaggi al trasporto ferroviario abbiamo risolto e risolveremo nei prossimi sei mesi molti problemi. Certo, soffriamo il dumping degli spagnoli, dove il pubblico sostiene i privati con tagli di canoni e tariffe che qui non possiamo fare: servirebbe una regolamentazione comune europea. Come è da risolvere il problema del dumpig del Nord Europa, dove i controlli doganali sono più sbrigativi».

 

Genova non è la sola a progettare, pure nella crisi, un futuro di crescita. Barcellona, con traffici in calo del 30%, sta ultimando Molo Prat, una megapiattaforma dove si movimenteranno 2,5 milioni di teu (nel 2008, in tutta Genova non si arrivati a due milioni). In espansione anche Rotterdam e gli altri porti del Nord. Tornando in Italia e in Liguria, si fanno spazio anche La Spezia e Savona. Nel levante ligure, spiega il presidente del porto Renzo Forcieri, si avanza a tappe forzate per trasformare in realtà il nuovo piano regolatore e «dopo un periodo di stasi, la questione dei dragaggi viaggia verso la soluzione».

 

Ultima, ma non per importanza, Savona, dove l’Autorità portuale, sfidando le proteste dei cittadini di Vado Ligure, va avanti sul progetto della piattaforma Maersk. Vale 7500.000 container l’anno. «Sarà pronta tra quattro anni. Non è un abbaglio – garantisce il presidente dell’Autorità portuale, Rino Canavese -. Nel 2013, i porti liguri tutti assieme avranno comunque pochi spazi per servire un mercato destinato a crescere, quello del Nord ovest italiano. Ci credono anche le compagnie come Maersk, che continuano a investire sul progetto». Ma se sarà vera gloria, non si saprà prima di un lustro.

 

(da: shippingonline.ilsecoloxix.it del 26.08.2009)