Il vice presidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona, esce su “Il Sole 24 ore” con una posizione-proposta molto condivisibile e affaccia un modello preciso di politica industriale dei porti e dei trasporti.

 

L’idea che la portualità italiana del dopoguerra abbia sostanzialmente fallito, di fatto rinunciando il nostro Paese a svolgere una funzione strategica, e quindi accettando come ineluttabile un ruolo centrale della portualità del Nord Europa, è di certo corretta. E noto che il Mediterraneo italiano non è (più), se non in misura inconsistente, uno strumento di alimentazione dell’Europa da sud essenzialmente perché i nostri porti sono vecchi e inadeguati (antiquati e conflittuali) e le infrastrutture di Corridoio non esistono. E non si dica che i 40 porti italiani valgono sostanzialmente Amburgo o Anversa: perché persino la pianura padana, come osservava Palenzona, dipende, per gli approvvigionamenti, dai porti del Nord Europa.

 

È logico ancora che l’Italia, con una offerta di traffici inadeguata ed infrastrutture insufficienti, non riesca a dare concretezza all’Unione per il Mediterraneo: un grande progetto internazionale che non si realizza certo alimentando sterili dibattiti sul multiculturalismo o velleitari auspici alla realizzazione di uno spazio di tutela dei diritti umani (sono occorsi quarant’anni perchè i diritti umani costituissero a tutti gli effetti principi dell’Unione Europea in un ambiente sostanzialmente omogeneo, figuriamoci quanti ne occorreranno perché si possa creare un sistema uniforme di diritti umani fra tutti i Paesi del Mediterraneo, così lontani e diversi fra loro)!


Occorre, quindi, puntare, per realizzare l’Unione per il Mediterraneo, così come avvenne negli anni ’50 per l’allora Comunità Economica Europea, su scelte di politica economica rivolte alla realizzazione di un vero e proprio mercato unico: e la politica dei trasporti è forse la più importante, almeno per quanto attiene all’Italia (le altre di interesse del nostro Paese, per evidenti ragioni, sono la politica energetica e quella dei servizi finanziari): per costruire la quale occorrono, tuttavia, porti veri e corridoi funzionanti sulla sponda Nord (possibilmente non solo quelli spagnoli e francesi!) con i quali si interconnettano le nuove infrastrutture programmate dai Paesi della sponda Sud.

 

Conforta, allora, la scelta compiuta nel Dpef Infrastrutture di quest’anno, dove si prefigura l’avvio dei due corridoi di traffico verticali (Genova-Rotterdam e Trieste-Vienna-Russia), sia in termini di infrastrutture portuali e di corridoio (terminali portuali e retroportuali e tratte di corridoio), sia in termini di servizi marittimi e ferroviari (traffici). Perché questo avvenga è necessaria una scelta organizzativa di fondo molto chiara: quella secondo la quale lo Stato, oltre alla regolazione pubblicistica ed al controllo, si riserva la (e si impegna alla) costruzione delle infrastrutture principali di corridoio nei tempi necessari, mentre alle imprese interessate ai traffici spetta la costruzione dei terminali portuali, retroportuali e di corridoio (sulla base di strumenti giuridici ispirati ai principi della tutela del legittimo affidamento e della tutela del servizio di interesse generale).

 

Questo consentirebbe, oltre tutto, di unificare la disciplina giuridica delle infrastrutture strategiche del paese (ferrovia, porto, aeroporti e autostrade), individuando un regime organizzativo comune a tutte le pubbliche infrastrutture destinate ad interconnettersi e, specialmente, i rimedi nel caso di situazioni di disequilibrio finanziario, come si verificano oggi in tutti i comparti delle infrastrutture, a causa della crisi dei traffici (anche perché non si affrontino con le autorità nazionali e specialmente comunitarie identici problemi con atteggiamenti e strumenti diversi).

 
L’alternativa è accettare che la nostra portualità resti marginale, in mano a pochi non significativi e inefficiente. Ma allora vi è da domandarsi se vale la pena di investire, come Paese, sui Corridoi di Alta capacità (ed a Genova sul suo futuro di città-porto).

 

(da: shippingonline.ilsecoloxix.it del 29.08.2009)