L’industria navale chiede aiuto all’Europa per uscire da una crisi che ha fatto perdere 100 mila posti di lavoro nell’ultimo anno e rischia di farne perdere altri 180 mila nei prossimi mesi. Fincantieri ha censito 44 cantieri navali nell’Unione europea, distribuiti in 16 paesi diversi e 33 regioni diverse. Di questi, 32 sono classificati come “in difficoltà”. Molti hanno addirittura dovuto chiudere, come gli Odense Shipyard in Danimarca, gli Ssw Shipyard in Germania, altri stanno licenziando, da Stx in Finlandia ai Rousse Shipyard in Bulgaria a Nordic Yards e Hegemann in Germania.

 

Intere industrie nazionali hanno alzato bandiera bianca, come quelle di Polonia e Croazia, obbligate a procedere verso la privatizzazione dei loro bacini dall’Unione europea. In Italia soffrono per esiguità di ordini i Nuovi Cantieri Apuania di Carrara mentre gli ex Chantiers de l’Atlantique di Saint Nazaire (Stx France), dopo la consegna della “Norwegian Epic” sono in stand by, in attesa che si concretizzino ordini annunciati, ma non ancora confermati, di Msc e della compagnia di stato libica.

 

«Per superare – chiede Fincantieri – l’attuale stasi di domanda e riagganciare l’auspicata ripresa recuperando il tempo perduto il Parlamento europeo, anche in forza delle prerogative assegnategli dal Trattato di Lisbona, dovrebbe impegnare la Commissione e lo stesso Consiglio a definire con la massima urgenza misure temporanee di risposta alla crisi». Una prima risposta potrebbe arrivare domani, 24 giugno, dal convegno “The future of the european shipbuilding industry”, organizzato nella sede del Parlamento europeo dall’europarlamentare italiano Andrea Cozzolino assieme al suo collega Ville Itälä.

 

L’iniziativa vedrà la partecipazione di sindacati, industriali (il presidente di Cesa, Bernard Meyer) e rappresentanti delle istituzioni, fra cui Ruth Paserman, braccio destro del vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, oltre che di parlamentari europei. L’obiettivo è aprire nuove prospettive a un settore che fino allo scorso anno garantiva, fra diretto e indotto, mezzo milione di posti di lavoro qualificati nell’Unione europea. Nel 2009 ne sono già stati cancellati 100 mila, di cui 10 mila in Italia.

 

Nel nostro paese potrebbero perdere il lavoro altre 20 mila persone. «Chiediamo – dice Cozzolino – l’appoggio del Parlamento europeo e di tutti i partiti politici perché l’Unione affronti congiuntamente e con successo le sfide di una parte così importante dell’industria manifatturiera europea». Già lo scorso aprile le 33 regioni che ospitano cantieri navali, fra cui Liguria, Campania, Sicilia, Marche, Veneto e Friuli Venezia Giulia, si appellarono al presidente del Parlamento europeo, il polacco Buzek. Purtroppo, secondo Cozzolino, le decisioni per contrastare la crisi del settore prese durante il meeting di alto livello di LeaderShip, che si è tenuto lo scorso settembre 2009, presieduto dall’allora vice-presidente della Commissione europea, Günther Verheugen, sono rimaste sulla carta e faticano a diventare operative.

 

Fra le misure richieste dall’industria europea ci sono incentivi per il ricambio delle navi più vecchie, soprattutto nel settore dei traghetti merci e passeggeri, e un maggiore contrasto alle politiche di dumping dei paesi del Far East, facendo valere anche i recenti accordi di libero scambio con la Corea del Sud. Inoltre la Banca europea per gli investimenti dovrebbe rendere più semplice l’accesso al credito.

 

(da: lavvisatoremarittimo.it, 23.06.2010)