Nel suo intervento all’assemblea annuale di Fedespedi il Presidente Piero Lazzeri ha sottolineato il gap fra la logistica italiana e le altre maggiori nazioni industrializzate, dove i benchmark di riferimento sono ben superiori. In Europa il riferimento è quello della Germania, dove il mercato della logistica dà lavoro a circa 2 milioni e mezzo di persone ed è diventato il terzo settore più importante dell'economia tedesca, dopo l'automobile e l'elettronica, per un giro d’affari superiore ai 200 miliardi di euro. A titolo di confronto, il giro d'affari della logistica in Francia e in Italia è stato lo scorso anno rispettivamente di 125 e di 90 miliardi di euro. In prospettiva, entro il 2050 il trasporto delle merci in Germania dovrebbe raddoppiare, passando da 600 miliardi a 1.200 miliardi di tonnellate – chilometro. Una risposta concreta basata su due tendenze di fondo: da un lato la progressiva concentrazione di un settore nel quale le imprese piccole e medio – piccole attive nella logistica sono ancora tra le 50 e le 60 mila, in un mercato in cui già operano colossi come DHL o Schenker. Dall’altro, la crescita dell’outsourcing, con la gestione complessiva della logistica da parte di imprese terze. L’altro punto di riferimento è quello nord americano. Dal Dicembre 2007, il mese in cui l’economia occidentale entrò in fase di recessione, i costi della logistica negli Stati Uniti sono scesi ad una cifra stimata in circa 300 miliardi di dollari, corrispondenti ad uno storico 7,7% del prodotto nazionale lordo. Si tratta – ha detto Lazzeri – del livello di costo della logistica più basso mai raggiunto nella storia dell’economia americana, con un livello di competitività destinato a diventare il benchmark immediato anche per un’economia come la nostra, dove i costi della logistica continuano purtroppo ad essere ben più elevati. E’ difficile esprimere un dato omogeneo per il mercato italiano. Ma è facile per tutti capire quanto valga un differenziale di tre, quattro o cinque punti, sia per l’economia di ogni azienda che per il Pil nel suo complesso. Un differenziale che, se colmato, potrebbe portare anche al ripensamento di alcune modalità di delocalizzazione delle produzioni. Come è già successo in Germania, molte aziende hanno portato all’estero solo le produzioni di base ma hanno spesso mantenuto in Patria l'assemblaggio. Con un conseguente forte aumento del trasporto merci, sia in entrata per i semilavorati sia in uscita al momento dell'esportazione. (Da Maritime Transport Daily Newsletter)