Ai primi di Ottobre la Commissione Europea per la concorrenza
darà il responso sull’acquisizione di Tirrenia da parte della Compagnia
Italiana di Navigazione (CIN), una cordata costituita da Marinvest, cui fanno
capo MSC Crociere, SNAV e Grandi Navi Veloci, Grimaldi Compagnia di Navigazione
e Onorato Partecipazioni, a cui fa capo la Moby. Il piano industriale di CIN,
guidata dall’amministratore delegato Ettore Morace, prevede il mantenimento
dell’intero organico con garanzia occupazionale è di due anni, la sostituzione
immediata del naviglio obsoleto, il potenziamento della rete commerciale,
l’adeguamento degli standard di bordo ai livelli internazionali e il
miglioramento immediato dei servizi e delle condizioni di viaggio dei
passeggeri. Secondo Tirrenia, il contratto è stato stipulato «nel rispetto
delle previsioni procedurali e secondo le previste tempistiche», con CIN
«risultata aggiudicataria della procedura di evidenza pubblica a suo tempo
conclusa». Nelle ultime settimane l’accordo è stato vicino a saltare soprattutto
a causa della contrarietà della Regione Sardegna che, lamentando l’aumento del
prezzo dei biglietti, ha messo in campo la sua flotta nei collegamenti tra
l’isola e il continente – la Saremar – e ha chiesto di entrare nella compagine
azionaria di CIN con il 25% e diritti amministrativi speciali. Condizioni
rifiutate dai soci privati e che probabilmente porteranno la Regione Sardegna a
impugnare la privatizzazione sollevando un conflitto di attribuzione davanti
alla Corte Costituzionale. L’altro ostacolo residuo è il giudizio dell’Autorità
Antitrust europea. Con un esborso di 380 milioni di euro, 200 subito e 180 a
rate, CIN acquista il marchio Tirrenia e 18 navi, assicurandosi allo stesso
tempo 72,5 milioni di euro l’anno per i prossimi otto anni di contributi per la
copertura delle linee convenzionate. Tutto ciò se vi sarà il via libera da
parte della Commissione UE (di qui il pagamento a rate). Sono esclusi
dall’acquisizione la Siremar, i fast ferries, le proprietà immobiliari e le
opere d’arte. La sede della compagnia resterà a Napoli con tutte le ricadute positive del caso.
Nell’indotto, con i cantieri e le officine pronti a riparare – se non a
costruire – le unità di una nuova flotta; infine nell’occupazione e negli
investimenti.