Pronti 966 milioni di dollari. Obiettivo: l'acquisto di 39 navi | |
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Lo scorso anno la flotta di China Shipping (secondo vettore del paese), incluse quelle delle filiali China Shipping Container Lines (CSCL) e China Shipping Development (CSD), è salita a 417 navi, tra cui 90 petroliere e 120 portacontainer, per una portata lorda complessiva di 13 milioni di tonnellate. Con le nuove acquisizioni, che includeranno sei navi petroliere, sarà aggiunta una capacità pari a 2,2 milioni di tonnellate di portata lorda, per un incremento pari al 17%.
Nel 2004 China Shipping ha trasportato oltre 100 milioni di tonnellate di carbone, pari all'incirca al 5% della movimentazione del paese, ed ha totalizzato utili prima delle imposte per 1 miliardo di dollari, il 340% in più rispetto all'esercizio precedente. “Ma le prospettive sono incoraggianti, malgrado la nostra capacità di trasporto di carbone sia totalmente inadeguata rispetto alle esigenze del mercato cinese”, ha detto Li Kelin, che ha ricordato come “la forte crescita economica della Cina stia obbligando i suoi protagonisti, China Shipping compresa, a nuovi e più vivaci investimenti”.
Difficile dare torto al manager asiatico. Il 2004 si è concluso, per la Cina, con una crescita del 9,5% del Pil, schizzato 1.600 miliardi di euro, il dato migliore degli ultimi sette anni. Fedele alle sue abitudini, il governo di Pechino si era dato un traguardo meno ambizioso: il 7%. E, se lo scorso anno la locomotiva cinese ha viaggiato a ritmi impressionanti, nulla fa pensare ad un suo rallentamento nel 2005. Quella cinese, secondo gli analisti, è un'economia capace di crescere dell'8-10% ancora per diversi anni, vale a dire a velocità quattro volte superiore alla media dei paesi dell'Unione europea. Continuando di questo passo, la Cina supererà i grandi paesi industrializzati fra il 2030 e il 2040. “Abbiamo raggiunto livelli di miglioramento altissimi, riuscendo a contenere i principali fattori di instabilità della nostra economia”, ha commentato a questo proposito Li Deshui, responsabile dell'Ufficio nazionale di statistica. Gli ostacoli allo sviluppo, tuttavia, continuano a permanere. Il principale è il quasi-monopolio delle aziende di stato, che ancora oggi divorano il 70% dell'accesso al credito in Cina offrendo performance decisamente inferiori alle realtà private. Ma anche i conflitti sociali, dovuti allo sviluppo disomogeneo delle attività industriali, rappresentano un valido motivo di preoccupazione.
Gli investimenti in capitale fisso, termometro dello stato di salute dell'azienda Cina, sono cresciuti nel 2004 del 25,8%, mentre la produzione industriale è aumentata dell'11,5%, in ribasso rispetto alla straordinaria performance dell'anno precedente (+21,3%).
Ma a preoccupare Pechino, oggi, è soprattutto l'inflazione, che lo scorso anno ha toccato il 3,9%, con un incremento del 2,7% rispetto al 2003. Un fenomeno dovuto essenzialmente al prezzo del petrolio (+11,4%), ma che rischia di creare ulteriore malcontento nelle fasce più basse della popolazione. Per quanto riguarda le vendite al dettaglio, nel 2004 hanno superato i 651 miliardi di dollari, con un balzo in avanti del 13,3%.