Il dibattito sulla security è monopolizzato dagli interventi di Stati Uniti e Unione europea, i primi a volte messi sotto accusa per le loro fughe in avanti, la seconda al contrario per indecisioni e ritardi. Spesso quindi, forse perchè fuori dallo spettro dei nostri media o perchè realmente sprovvisti di una normativa in materia, quello che fanno paesi come Cina, India, Australia, etc non viene preso in considerazione.
Il Journal of Security prosegue in questo numero la sua panoramica di  queste realtà meno conosciute. Dopo aver parlato della Cina nel numero 2 del 2008, ripercorriamo qui brevemente quanto fino ad ora fatto dall'Australia in tema di security.
Il governo australiano e, nella fattispecie, il suo Dipartimento per la Sicurezza, subito dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, ha investito 740 milioni di dollari per aumentare il livello di sicurezza all'interno del paese. L'iniezione nel sistema economico di tale finanziamento è servita sia al ramo del trasporto commerciale marittimo che al ramo del trasporto aereo sia commerciale sia passeggeri.
A prescindere dalla tipologia di trasporto (marittimo/aereo) e dal settore (commerciale/passeggeri), il governo australiano in questi anni si è mosso su più livelli (normativo/legislativo – tecnologico – personale direttamente coinvolto nei processi di security) per garantire da un lato un incremento del livello di sicurezza distribuito uniformemente e, dall'altro, per creare un sistema coeso.
Dal punto di vista del trasporto marittimo il governo australiano spende in media 50 milioni dollari all'anno per garantire nei porti il mantenimento degli standard attualmente raggiunti e contemporaneamente per implementarlo. La previsione per i prossimi anni è che tale somma aumenterà.
Tale aumento è motivato dal forte investimento in tecnologia che il governo sta facendo. Gli obiettivi principali sono due. Il primo è dotare i principali porti del paese di scanner ai neutroni per i container (tecnologia sviluppata dalla società Commonwealth Scientific). Le autorità doganali hanno già individuato un'area di prova dove a breve inizieranno i primi test. Il secondo obiettivo è creare un network di telecamere a circuito chiuso, dando la possibilità agli ufficiali doganali di controllare il sistema da lontano, per monitorare i maggiori porti del paese.
Nel 2003 l'Australia ha approvato la legge che recepisce nell'ordinamento nazionale il codice Isps. Successivamente, nel 2004, si è dotata di una propria legislazione in termini di security. Il Maritime Transport Security Act, trasformatosi successivamente in Maritime Transport and Offshore Facilities Security Act  (perché comprende anche norme per la messa in sicurezza degli impianti offshore) raccoglie tale legislazione.
Per quanto riguarda il personale direttamente coinvolto nei processi di security, il governo australiano ha seguito due filoni di azione. Da un lato ha previsto un incremento nei controlli delle persone che lavorano o lavoreranno in aree particolarmente sensibili e, dall'altro lato, conta di aumentare gradualmente il personale di sicurezza impiegato nelle dogane, nella polizia, etc.
Nonostante questi interventi, il governo australiano è consapevole che il vero problema non si trova solamente a “valle” (terminal portuali – porti – navi), ma è individuabile anche a “monte” della supply chain. Per questo motivo, le task force governative impegnate costantemente nell'adozione di nuovi sistemi e normative atte a incrementare il livello di security del paese, stanno studiando un sistema in grado di garantire la sicurezza lungo tutto la catena logistica.