All’ultimo giro di giostra resta la norma “salva Terzo valico”, salta invece tutto il sistema di incentivi e agevolazioni al cluster marittimo. Facendo infuriare gli operatori del settore: «È il fallimento – taglia corto per gli agenti marittimi il presidente Federagenti Filippo Gallo – della politica italiana della logistica. Non c’è un indirizzo strategico, non c’è niente». Lascia l’amaro in bocca al mondo dello shipping la Finanziaria in discussione alla Camera e che si avvia alla fiducia.

 

Per il primo porto d’Italia, certo, c’è la buona notizia del Terzo valico, ma quello che preoccupa gli operatori è l’oggi. La ferrovia veloce è considerata un remoto futuro di un settore che ha paura di non riuscire a superare la crisi. «È una scelta ottusa» si inalbera Giovanni Calvini, Confindustria Genova. Il ministro Altero Matteoli aveva rassicurato gli operatori che ci avrebbe pensato lui a re-introdurre quelle misure a sostegno della portualità pure concordate sui tavoli romani, ma poi cancellate dal testo della manovra.

 

La blindatura della Finanziaria, però, ha di fatto reso nulla la promessa: non si cambia più niente rispetto al maxi-emendamento, rimane il “buco” degli interventi per lo shipping. «La buona intenzione c’era» chiosa Nereo Marcucci, numero uno Assologistica. Di cui, come si sa, è lastricata la strada per l’inferno. Il capo ufficio stampa del ministero, Sebastiano Teramo, in mattinata riferiva di «non sapere assolutamente niente» della partita in gioco, segno che probabilmente gli interventi per lo shipping non erano esattamente una priorità negli uffici di Piazza della Croce Rossa.

 

Rimane invece in vita l’emendamento sulle grandi opere che permette l’avvio dei cantieri del Terzo valico: la norma permette l’avvio dei cantieri per la realizzazione di «specifici progetti prioritari ricompresi nei corridoio europei Ten-T e inseriti nel programma delle infrastrutture europee» per cui non sono immediatamente disponibili tutti i soldi. Si possono avviare i lavori per lotti, fatto salvo che il primo costituisca «almeno il 20% del costo complessivo dell’opera».

 

Per il Terzo valico ci sono 500 milioni su 4,9 miliardi, ma esiste la possibilità di derogare alla regola del 20%, che scende al 10%, «con decreto del ministero delle Infrastrutture e trasporti». Esiste anche un codice che blocca ogni “pretesa risarcitoria” nei casi in cui non sussista l’integrale copertura finanziaria. Nel caso del Terzo valico, la cosa rassicurerà il gruppo Fs che appalta i lavori, meno il general contractor che si potrebbe trovare a bocca asciutta senza possibilità di appello.

 

Tornando agli interventi per lo shipping, il mondo della portualità perde i soldi del fondo di perequazione – a sostegno soprattutto degli scali più piccoli – e tutte quelle norme concordate con terminalisti, armatori, agenti marittimi e istituzioni che avrebbero dovuto permettere di non “scaricare” sui lavoratori con i licenziamenti la crisi del settore. Si parlava di riduzione degli oneri fiscali in capo ai terminalisti, congelamento delle tariffe portuali, riduzione dell’accisa sul gasolio. Niente di niente. Porti in Finanziaria: non pervenuti.

 

(da: shippingonline.ilsecoloxix.it del 10.12.2009)