Il Parlamento italiano non sta facendo abbastanza per contribuire a risolvere o circoscrivere la pirateria nel golfo di Aden. E' quanto emerso al convegno  “Pirati di Aden: una favola l’impotenza della legge” che si è tenuto a Genova  sotto l’egida del mensile ‘Atlante’ e del Museo del Mare (MuMa). Il senatore Enrico Musso ha affrontato il tema della risposta giuridica al rinato problema della pirateria . Il relatore ha espresso il suo scetticismo riguardo alle blande risposte delle Camere. Finora è stato approvato esclusivamente un ordine del giorno – non vincolante – che evita di affrontare tematiche importanti come la presenza di scorte armate a bordo o navi di supporto. Il senatore Musso ha inoltre sottolineato come il ritardo nella risposta normativa italiana possa causare danni e svantaggi nel breve e medio periodo nei confronti di chi batte bandiera italiana. Per ovviare a ciò egli auspica una legge che prenda spunto dalle recenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu e che sproni una serie di accordi bilaterali con gli Stati interessati dal fenomeno della pirateria. Dopo un interessante excursus sulle origini dei pirati e della guerra di corsa ad opera del direttore del MuMa Pierangelo Campodonico, è stato il professor Giacomo Goldkorn a illustrare le implicazioni geopolitiche della pirateria. Non più limitati ai punti di passaggio costiero, gli assalti alle navi nell’importante corridoio del petrolio verso il Mediterraneo e dell’export cinese verso il mercato comune si svolgono oggigiorno anche in mare aperto. L’Europa viene quindi messa in discussione, secondo il relatore, nella sua incapacità di formulare un pensiero strategico per agire nel complesso teatro del golfo di Aden, dove l’Iran e l’Arabia Saudita starebbero combattendo una ‘guerra fredda’ per il controllo delle corti islamiche e quindi dei territori della costa africana. Il comandante Cervetto, rappresentante delle Linee Messina, ha esposto il punto di vista degli armatori: la situazione è grave, viste le 43 navi catturate nel 2009 ed i 600 marittimi presi in ostaggio. Poche sono le attuali contromisure, limitate alle 35 navi militari di scorta attorno a Gibuti, che però non possono garantire la sicurezza delle navi che fanno rotta verso il Sudafrica. I pirati stanno dando prova di flessibilità, secondo Cervetto, visto che gli ultimi attacchi sono avvenuti al di fuori dei corridoi di sicurezza. Il comandante chiede alla politica convogli protetti e interventi militari a terra per eradicare le basi dei pirati, nonché la possibilità di avere a bordo una scorta armata privata o militare.  In ultimo il comandante Zini, direttore dell’Immsea, ha detto che l'Imo sta rafforzando le azioni di capacity building negli stati africani dove si trovano le maggiori basi dei pirati, sulla base dell’esperienza mutuata dalla lotta contro i pirati nelle Malacche. Nel 2009 è stato inoltre siglato il ‘Gibuti code of conduct’, sulla base del quale saranno presto avviati due centri di formazione per il personale delle guardie costiere africane, uno dei quali in partnership con l’Immsea di Genova.