Le flotte petrolifere sono state le ultime a subire gli effetti della crisi. Le rate di nolo sono calate molto più tardi rispetto a portacontainer e rinfusiere. Adesso potrebbero essere le prime a risalire, grazie alla morsa di gelo che ha stretto l’emisfero Nord del pianeta e in particolare i paesi industrializzati, principali consumatori di idrocarburi. I prezzi per noleggiare una petroliera sono in rapida ascesa.

Secondo la banca d’investimenti Dahlman Rose, citata dal Financial Times, una nave di medie dimensioni per il trasporto di petrolio raffinato costava la scorsa settimana 18.000 dollari al giorno per un viaggio dall’Europa alla costa orientale degli Stati Uniti. Si tratta di un salto deciso rispetto ai 2.500 dollari che si riuscivano a spuntare ancora lo scorso novembre. Lo stesso discorso vale anche per unità di dimensioni maggiori. Una Vlcc (classe di superpetroliere per il trasporto di greggio) costava l’8 gennaio circa 72.000 dollari al giorno, contro i 43.000 dollari che venivano pagati lo scorso 18 dicembre.

È l’effetto dell’impennata del prezzo del petrolio, che ha superato gli 80 dollari al barile nei giorni scorsi contemporaneamente al calo delle temperature. Pechino ha dovuto addirittura fare intervenire i rompighiaccio per aprire l’accesso ai porti cinesi più settentrionali. Il principale è quello di Tianjin, lo scalo che serve la capitale e che ha recentemente firmato un gemellaggio doganale con Genova. I rompighiaccio sono entrati in azione per contrastare la peggiore ondata di freddo degli ultimi trent’anni. Intanto diminuiscono le riserve di petrolio stoccate a bordo delle petroliere messe a riposo per sovracapacità di stiva della flotta internazionale. Secondo Gulf News, sarebbero scese da 120 milioni a 40 milioni di barili.

Gli esperti però si dividono sulle previsioni da fare per il futuro, a testimonianza che quella finanziaria rimane una scienza inesatta. Secondo la banca tedesca Bayerische Landesbank, siamo vicini al picco, perché l’improvvisa ripresa dei prezzi ha portato a una eccessiva valutazione del greggio. Gerrit Zambo, uno dei trader della banca, prevede che il petrolio non andrà oltre gli 88 dollari al barile: «Entro poche settimane ci sarà una correzione. Un valore fra i 6 e i 70 dollari sarebbe più corretta».

Ma c’è chi non la pensa così e disegna scenari molto più allettanti per i petrolieri, come Jeff Rubin, ex capo economista della Cibc World Markets, l’uomo che ha previsto nei dettagli l’andamento del boom petrolifero degli ultimi anni. Rubin prevede che il prezzo salirà oltre i 90 dollari alla fine di marzo e arriverà addirittura a 100 dollari entro il 2010. Per Rubin il recupero non è solo contingente e quindi legato al maggior consumo dovuto al freddo, ma arriverà ancora una volta dalle locomotive asiatiche. L’aumento del consumo di petrolio sarà guidato da Cina e India piuttosto che dalle nazioni industrializzate dell’Europa occidentale e del Nord America, dove la domanda avrebbe già raggiunto il massimo.

Intanto però proprio la Cina ha rafforzato la sua presenza negli Stati Uniti. La compagnia di stato PetroChina ha acquisito spazi per stoccare 400.000 barili di carburante nel porto di Los Angeles, pochi giorni dopo la firma di un contratto per affittare spazi per 5 milioni di barili di “dirty oil” nelle Antille Olandesi.

(da: lavvisatoremarittimo.it del 12.01.2010)