I costi di esercizio e le richieste da parte dei committenti di revisione dei prezzi al ribasso sono diventati insostenibili per le imprese che trasportano su strada merci pericolose in conto terzi. E’ il grido d’allarme che ANITA – l’Associazione che riunisce le imprese più grandi di autotrasporto in Italia e che rappresenta il 60% dei grandi operatori che trasportano merci pericolose (prodotti petroliferi e chimici) – rivolge ai rappresentanti del Governo e della Committenza affinché prendano atto dello stato di agitazione delle imprese del settore. Il trasporto in ADR (Accord Dangereuses Route) – così chiamato dall'Accordo europeo relativo ai trasporti internazionali di merci pericolose su strada – è un settore cruciale per l’economia del Paese con 20.000 addetti impiegati e 18.000 autobotti movimentate e che, stando agli ultimi dati Istat, rappresenta il 9% (132 milioni di tonnellate l’anno) del traffico merci totale in Italia. Un comparto ad alto rischio che include materie solide e liquide infiammabili (nella misura del 76%), gas (15%), materie corrosive (7%), tossiche (0,8%), prodotti soggetti ad esplosione, radioattivi, infettanti, soggetti ad accensione spontanea o a sprigionamento di gas infiammabili (nella percentuale del 1,2%). Un settore che per la pericolosità dei prodotti che trasporta richiede elevati standard di sicurezza e qualità, notevoli investimenti sui veicoli e sulla formazione degli autisti, nonché adeguate coperture assicurative. Elementi, spesso sottovalutati, che contribuiscono all’aumento dei costi a carico delle imprese che operano in regime di ADR. Pertanto, ANITA chiede al Governo e alle parti della filiera coinvolte di fronteggiare tale situazione per scongiurare possibili iniziative messe in atto dalle imprese del comparto che potrebbero avere conseguenze irreparabili sul Paese.