Il trasporto italiano va
tutelato da qualsiasi forma di concorrenza sleale e la liberalizzazione del
cabotaggio non può prescindere da un’armonizzazione europea dei costi di
esercizio delle imprese. Questa la posizione assunta da ANITA – l’associazione
di Confindustria che riunisce le imprese più grandi di trasporto in Italia –
nel corso dell’audizione pubblica organizzata dalla Commissione europea ai
trasporti a Bruxelles, per valutare la posizione delle associazioni europee
sulle prospettive di un’ulteriore liberalizzazione del cabotaggio stradale con
la modifica dell’attuale regolamento. ANITA, unica associazione italiana ad
aver partecipato all’audizione, ha sottolineato i risultati negativi causati
dalla liberalizzazione del cabotaggio in Italia, con l’apertura alla Slovenia
nel 2004 e successivamente agli altri Paesi neo comunitari, tra cui gli ultimi
Romania e Bulgaria quest’anno. Il cabotaggio stradale, effettuato in un Paese
non di residenza del trasportatore, è diventato ormai una soluzione molto
utilizzata in Italia dai vettori stranieri che possono praticare prezzi
altamente concorrenziali. La liberalizzazione dei trasporti intracomunitari in
un quadro diversificato di costi di esercizio e regime fiscale nei vari Stati
membri, ha creato situazioni di vero e proprio dumping tra operatori. Le
differenze di natura salariale, fiscale, di esercizio, infatti, sono tali da
porre i trasportatori dei Paesi neo comunitari, in condizioni di gran lunga più
favorevoli rispetto ai nostri. Soltanto il costo del conducente italiano, ad
esempio, è superiore del 132% rispetto ad un autista romeno, del 114,6% a
quello di un’autista polacco, dell’82% rispetto ad un ungherese e del 40,3%
rispetto ad uno sloveno. La liberalizzazione del cabotaggio – come in qualunque
altro settore – non può prescindere da normative armonizzate e vincolanti,
altrimenti si creerebbero le basi per una concorrenza sleale e distorta. La
proposta di ANITA è quella di mantenere l’attuale normativa di contingentamento
del cabotaggio stradale, che prevede all’interno del paese di cabotaggio un
massimo di tre trasporti in sette giorni a partire dallo scarico della merce in
traffico internazionale, almeno fino a quando non saranno armonizzate le
condizioni di mercato nei diversi Paesi dell’Unione europea.