Pubblichiamo di seguito il
testo integrale della lettera aperta inviata dall’azienda a tutti i dipendenti
Fincantieri. “L’accordo nazionale sottoscritto presso il Ministero del Lavoro
lo scorso 21 dicembre tra Fincantieri e FIM-CISL, UILM-UIL, UGL Metalmeccanici,
FAILMS e FAILMS CISAL rappresenta un risultato di grande rilievo ottenuto a
fronte di un grosso sacrificio da parte dell’azienda e ha lo scopo in primis di
salvaguardare i livelli occupazionali mettendo in sicurezza i lavoratori
Fincantieri in una fase di estrema difficoltà. L’accordo nazionale segue quelli
locali sottoscritti nei mesi precedenti nei siti di Monfalcone, Muggiano, Riva
Trigoso, sede Fincantieri di Genova, sede Fincantieri Palazzo Marineria di
Trieste, con l’approvazione pressoché plebiscitaria dei lavoratori qui
operanti. Sono questi i punti cruciali in cui si articola l’accordo raggiunto:
la salvaguardia di tutti i siti produttivi, grazie a un programma di
razionalizzazione ed efficientamento dell’intero sistema aziendale; l’assenza assoluta
di licenziamenti forzosi a fronte di una riorganizzazione gestita con il
ricorso alla cassa integrazione straordinaria (CIGS) per due anni e
successivamente alla mobilità volontaria; conferma dell'anticipazione da parte
aziendale dell'assegno di cassa Integrazione e conferma anche delle misure
integrative all’assegno di CIGS a carico dell’azienda, ovvero riconoscimento, a
conferma dell'accordo del 1/4/2009, dei ratei di tredicesima, ferie, PAR,
Premio di Produzione, nonché Premio di Programma, ticket per la partecipazione
ai corsi di formazione e relativa indennità di trasporto (che portano il valore
medio mensile di tale assegno a euro 1.700 lordi per gli operai e euro 1.850 lordi per gli impiegati che corrisponde, nel complesso mediamente
ad un netto di euro 1.400 circa); l’incentivazione all’esodo per quei
lavoratori con i requisiti per la pensione nel periodo 2012/2016 (siti Centro
Nord) e 2012/2017 (siti Sud), e che decideranno di non opporsi alla messa in
mobilità, corrispondente ad un importo mensile che, aggiunto all'indennità di
mobilità netta, garantisca agli interessati il 75% della loro retribuzione
individuale mensile per tutti i mesi di permanenza in
mobilità.    L’incentivazione all'esodo è pari a 12 mensilità
lorde di stipendio, per i lavoratori, che pur non accedendo ai benefici
pensionistici, accettino volontariamente la messa in mobilità. Se questi
lavoratori lo desidereranno inoltre, l'azienda sosterrà attraverso società
specializzate “in outplacement” la loro ricerca di una nuova collocazione. 
La messa in atto di tutte le modalità concordate per reimpiegare i lavoratori e
limitare laddove possibile il ricorso alla CIGS, quali concessioni di part-time
volontario, trasferimenti volontari su altri siti, riqualificazioni e riconversioni
attraverso la formazione ad altre attività aziendali, ecc. L’Azienda, in
presenza della drammatica crisi, ormai strutturale, che ha colpito il mercato
(sia per numero di navi ordinate che per il livello dei prezzi) ha fatto ogni
sforzo per garantire lo sviluppo di nuovi business, il rafforzamento di quelli
già acquisiti e per limitarne gli oggettivi oneri sociali. Si è però
doverosamente preoccupata anche di non pregiudicare, accollandosi costi
insostenibili, la continuità aziendale e di non mettere quindi a rischio TUTTI
i lavoratori Fincantieri, ai quali viene richiesto un forte impegno per
l’efficientamento del sistema aziendale, senza il quale, come più volte
ribadito, sarà impossibile fronteggiare la concorrenza internazionale. Alla
luce di quanto fatto e nell’attuale contesto di mercato caratterizzato da una
feroce competizione tra le società cantieristiche, risulta evidente il
comportamento autolesionistico di alcune minoranze, rispetto agli oltre 8000
dipendenti di Fincantieri, presenti negli stabilimenti di Sestri Ponente e
Palermo che stanno mettendo in atto sistematicamente azioni che compromettono
gravemente il regolare avanzamento dei programmi pregiudicando il rispetto dei
tempi di consegna. In particolare per Sestri le agitazioni traggono motivazione
dal previsto fermo delle attività per mancanza di carico al termine della
commessa in corso, situazione che peraltro ha già toccato altri siti aziendali
quali Ancona e Castellammare di Stabia e che certo non verrebbe sanata
dirottando tronconi da altri cantieri anch’essi non operanti a pieno carico.
Tale operazione, peraltro, sarebbe impossibile sul piano tecnico-economico. Il
timore che ciò possa preludere ad un disimpegno dell’azienda dallo stabilimento
è pretestuosamente sollevato dalla FIOM strumentalizzando la limitata entità di
investimenti previsti sul sito nel biennio 2012-2013 nel Piano presentato dalla
Fincantieri. Tale considerazione non tiene evidentemente conto che il cantiere
di Sestri nel biennio 2012-2013 sarà pesantemente interessato dai lavori di
“riempimento a mare” previsti nell’Accordo di Programma sottoscritto in data
28.07.2011 (con un impegno in termini di investimenti di 70 milioni di euro) e
che conseguentemente sugli impianti in tale periodo non possono essere operati
che interventi di manutenzione ordinaria. Quanto allo Stabilimento di Palermo,
lo scorso 20 dicembre è stato sottoscritto un Accordo a livello locale con
Fim-CISL, UILM-UIL, FAILMS e UGL che prevedeva, tra l’altro, la conferma della
continuità delle attività dello stabilimento e la gestione delle eccedenze (che
l’azienda si impegnava a limitare da 175 a 140 unità) utilizzando tutti gli
ammortizzatori sociali disponibili e dove possibile la riallocazione in ambito
aziendale. Senza licenziamenti forzosi. Tutti i punti qualificanti di tale
accordo sono stati riconfermati in quello nazionale sottoscritto in sede di
Ministero del Lavoro. In tale contesto le agitazioni in corso appaiono
incomprensibili e possono addirittura compromettere la continuità produttiva
dello stabilimento. E’ doveroso ricordare che Fincantieri si è fatta carico di
mantenere in piena attività il cantiere pur in assenza degli interventi di
costruzione e ammodernamento dei bacini, che, oggetto di accordi da anni, non
hanno ancora trovato concreta attuazione. Corre l’obbligo infine di denunciare
queste forme di lotta che minano la fiducia degli armatori (ci è stato già
formalmente comunicato da alcuni di questi l’intenzione di ritirare le navi in
lavorazione presso un nostro cantiere) e che ostacolano, con il rischio
addirittura di farle sospendere, le trattative commerciali che, in questo
momento di difficoltà, Fincantieri sta portando avanti. Tutto questo ci fa
sorgere il dubbio che chi parla e lotta per affermare la strategicità della
cantieristica operando con tali metodi, persegua in realtà altri fini che non
sono quelli dell’interesse dei lavoratori e della società.”