Duecento miliardi di euro, cioè oltre 12,7% del PIL italiano, e oltre un milione di occupati nel settore. Sono questi in sintesi i numeri che spiegano come la logistica sia una componente fondamentale per il sistema economico italiano ed uno degli asset strategici, e dalle grandi potenzialità, su cui puntare per il futuro del nostro Paese. Sul settore e sulle sue prospettive si è discusso al Banco di Napoli nel corso del convegno  nel corso del quale Massimo Deandreis, Direttore Generale di SRM, e Anna Arianna Buonfanti, ricercatrice dell’Area Infrastrutture di SRM, hanno presentato la ricerca sul settore. Il report di SRM fornisce una chiave di lettura complessiva della logistica come settore, quindi l’insieme di attività a supporto del processo di internazionalizzazione e innovazione del sistema produttivo, di infrastrutture a sostegno della competitività e di volano per il rilancio dell’economia italiana. La ricerca individua perciò i nodi di maggior rilievo che sconta la logistica, guarda alle possibili strategie per ridare slancio agli investimenti infrastrutturali, fornisce possibili orizzonti di crescita in termini di Paesi e territori – guardando in particolare all’area del Mediterraneo – e porta alla luce gli errori da non ripetere nelle prossime politiche di coesione. La logistica vale in Italia 200 miliardi di euro, pari al 2,7% del Pil, occupando un milione di persone tra diretti e indiretti. Sono 160.250 le imprese logistiche, di cui però solo il 16,9% sono società di capitale, fattore che sottolinea la mancanza di una competitività: poche spa, pochi capitali, poca internazionalizzazione. L’anno scorso i porti italiani hanno movimentato 9,6 milioni di teu (466 milioni di tonnellate), di cui il 46% sono scali del Mezzogiorno. Per capire la realtà globale di questi numeri basta confrontarli con uno dei primi porti commerciali europei, Amburgo, che da sola fa mediamente 10 milioni di teu l’anno. E infatti l’Italia è al 24° posto nel mondo secondo il Logistic Performance Index (indice della World Bank), perdendo due posizioni rispetto all’anno scorso (la Spagna è ventesima). Sempre per l’LPI, siamo 18esimi nella puntualità delle spedizioni, e questo è un buon risultato. La burocrazia è uno dei nodi più stretti del Belpaese. Fatto che si ripercuote nei processi di sdoganamento: ci mettiamo 19 giorni a lasciar andare un container in importazione, 17 all’esportazione (media Ue: 11 giorni),  infatti l’LPI ci piazza al 27 ° posto nel mondo per le procedure doganali. Nel Mezzogiorno la forma preferita di trasporto è la nave, pari al 62,7% del totale. In Campania, Sicilia e Puglia risiedono una buona parte delle attività logistiche del Sud, pari al 70,5%. La quota di mercato di queste imprese è passata tra il 2005 e il 2012 dal 18 al 27%. Un dato che esemplifica lo scarso ruolo logistico dell’Italia rispetto agli altri paesi europei viene dal traffico che passa per il Suez, dove transita un buon 80% del traffico marittimo mondiale: solo il 6,3% viene in Italia, il resto va quasi tutto in Nord Europa. Proprio in quest’ultima zona vengono movimentate molte merci destinate all’Italia: circa 440mila teu, anche se Daniele Testi, direttore marketing del gruppo Contship Italia, ha precisato che questa quota è quella relativa ai soli contenitori che, sbarcati in nordeuropea, arrivano direttamente in Italia. Se a questi aggiungiamo quelli “spacchettati” e trasportati in altra forma, arriviamo alla cifra di ben 1,5 milioni di teu. Container che, a rifletterci bene, fanno un giro senza senso: partono, per esempio, da Singapore, imboccano il Suez, passano a pochi chilometri dalla Sicilia, circumnavigano l’Europa, approdano ad Amburgo, poi riscendono in treno verso Milano. Sembra illogico, invece è logico perché costa molto meno così. Oltre alla ricerca specifica presentata a Napoli, SRM inaugurerà presto un Osservatorio Permanente sulla filiera dell’economia marittima. Uno strumento pensato per offrire agli operatori economici del settore analisi dettagliate ma anche confronti ed esempi internazionali.