La riforma della governance della portualità varata due anni fa – denuncia l’associazione – è inattuata nei suoi obiettivi e strumenti
La Corte di Cassazione ha stabilito che l’imposta comunale sugli immobili debba essere applicata alle aree scoperte in concessione alla PSA Voltri-Prà, la società che gestisce il container terminal nell’estremo ponente del porto di Genova e l’Associazione Italiana Terminalisti Portuali (Assiterminal) ritiene che questa sentenza infligga un duro colpo alla competitività dei terminal operator di alcuni porti e rappresenti il fallimento delle politiche per i porti.
Secondo l’associazione, infatti, la sentenza della Cassazione «ha un valore e una gravità che vanno ben oltre il caso specifico, pure rilevante per la sua consistenza economica. In quella sentenza – spiega Assiterminal – viene plasticamente rappresentata l’assenza di una politica per la portualità in grado di dare regole certe, omogenee su tutto il territorio nazionale, a chi decide di investire in quel settore, i terminalisti portuali in primis».
«È una regola fondamentale della economia in tutto il mondo – osserva l’associazione dei terminalisti italiani – quella che vuole che la competizione economica, la concorrenza tra imprese, sia giocata con parità di condizioni tra i concorrenti. Ma è una regola che non vale per i porti di questo Paese, perché molti governi passati e presenti non hanno saputo, prima ancora che voluto, sconfiggere i localismi che hanno fatto si che ciascun porto facesse repubblica a se, applicando le stesse norme interpretandole sino a farle diventare del tutto diverse, addirittura contrastanti, da realtà a realtà. E non stiamo a parlare di disposizioni secondarie, ma, solo per citare due casi, di norme che regolano i regimi concessori e i criteri per la definizione dei canoni, o che influenzano l’organizzazione del lavoro; insomma regole fondamentali per disciplinare la corretta competizione».
«Si fa un gran parlare – sottolinea Assiterminal – di semplificazione legislativa e di certezza delle norme e non si riesce ad operare per definire un perimetro certo alla iniziativa della Autorità di Regolazione dei Trasporti, rischiando di generare un ulteriore fattore di competenza e di complicazione sulle responsabilità delle istituzioni cui è preposta la titolarità sull’utilizzo del demanio e sulle concessioni».
«Due anni fa – rileva inoltre l’associazione – è stata varata una riforma della governance della portualità che avrebbe dovuto dare un approccio omogeneo alle politiche per lo sviluppo infrastrutturale e portuale. Quella riforma è inattuata nei suoi obiettivi e strumenti. La riduzione delle Autorità Portuali con la creazione delle Autorità di Sistema Portuale non ha avuto alcun effetto sulla armonizzazione delle norme di cui sopra. Anzi, siamo al paradosso che in molti casi nella stessa AdSP convivono regole contraddittorie nei due ambiti portuali aggregati. Il tavolo nazionale di coordinamento dei presidenti di AdSP, che avrebbe dovuto avere una funzione fondamentale nell’indirizzo degli investimenti infrastrutturali, non risulta stia operando. Quello che non ci siamo mai fatti mancare sono convegni, annunci, propaganda, discussioni teoriche ed esercitazioni giuridiche».
«Con questo patrimonio e armamentario – conclude Assiterminal – si pensa che la portualità italiana sia in grado di affrontare il futuro?»

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