Lo evidenzia SRM nel suo sesto rapporto annuale “Italian Maritime Economy”
Il canale di Suez, che compie 150 anni, si conferma uno snodo strategico per i traffici marittimi mercantili mondiali e, anche grazie al raddoppio della via d’acqua egiziana inaugurato nel 2015, sta gradualmente cambiando gli assetti mondiali del trasporto marittimo soprattutto lungo la rotta Est-Ovest. Lo rileva il sesto rapporto annuale “Italian Maritime Economy”, dal titolo “Nuovi scenari nel Mediterraneo: Suez e la Cina, le strategie dei grandi carrier, le nuove tecnologie e le rotte dell’energia”, che è curato dall’associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno – SRM, il centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo. Il rapporto è stato presentato oggi a Napoli in occasione dell’apertura del primo “Euromediterranean Investment Forum”, meeting internazionale organizzato da FeBAF – Federazione Banche Assicurazioni e Finanza, dal titolo “Financing Maritime Economy, Investment and Social Development”.
Frutto del monitoraggio dell’Osservatorio Permanente sui trasporti marittimi e la logistica, il rapporto delinea i nuovi scenari economici e marittimi che impatteranno sulla competitività del Sistema Paese italiano, scenari in cui, anche grazie al ruolo strategico del canale di Suez, il Mediterraneo sta ritrovando una propria centralità nell’ambito dei traffici marittimi mondiali, con – specifica la pubblicazione – i porti dell’East Med che mostrano incrementi importanti grazie anche agli effetti della Belt & Road Initiative e con con una crescita incalzante della competitività degli scali del South Med che hanno ormai quasi azzerato il gap con i porti del Nord del Mediterraneo. Scenari – si desume dal rapporto di SRM – che offrono opportunità all’Italia, occasioni che però sinora non sono state colte.
«Il Mediterraneo – ha affermato il direttore generale di SRM, Massimo Deandreis – sta ritrovando la sua centralità nell’economia marittima e l’Italia ha ora una grande opportunità: quella di trasformare il suo posizionamento geo-economico in un vero vantaggio competitivo, anche per attrarre nuovi investitori. Ma – ha rilevato Deandreis presentando il rapporto – occorre puntare con decisione sul binomio logistica-portualità, investendo in infrastrutture materiali, intermodalità e tecnologie. Il Mezzogiorno in questo scenario ha una grande opportunità di sviluppo in cui si inseriscono le ZES, strumento che va ora reso operativo senza indugi e con convinzione».
Per SRM, infatti, le Zone Economiche Speciali, assieme alle Zone Logistiche Semplificate (ZLS), «possono rappresentare un importante strumento per incentivare investimenti logistico-portuali e manifatturieri». «Tuttavia – denuncia il rapporto – il processo per rendere operativi questi strumenti, dopo un’accelerazione iniziale sta registrando una battuta di arresto abbastanza forte. Trascorsi due anni dal decreto legge istitutivo, le ZES sembrano arenate proprio nella fase topica in cui dovrebbero definirsi gli incentivi di natura amministrativa e burocratica».
Secondo SRM, inoltre, l’Italia potrebbe cogliere le opportunità offerte dalla ritrovata centralità del Mediterraneo anche attraverso nuovi investimenti portuali. L’associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno ritiene infatti che se l’Italia «effettuasse investimenti portuali tali da comportare un aumento della capacità e di attrazione del traffico dei nostri porti del 10%, ciò genererebbe un impatto sempre sul valore aggiunto prodotto dalla filiera marittima pari ad ulteriori 3,2 miliardi di euro. A conferma – precisa il rapporto – del ruolo attivo e propulsivo della filiera marittimo portuale nel contesto produttivo nazionale e del ruolo che le ZES potrebbero svolgere attirando investimenti». «Da elaborazioni di SRM, su dati World Bank, effettuate su un panel di ZES – spiega il rapporto – è emerso che, una volta a regime (cioè in un arco temporale tra i sette ed i 10 anni), in media queste aree possono arrivare ad incrementare le esportazioni di un Paese fino ad un +40% complessivo. Se applicassimo questa performance di crescita agli attuali volumi di export del nostro Mezzogiorno (le ZES – ricorda il documento – si possono costituire infatti solo nel Sud mentre per il centro nord le ZLS), nell’arco di un decennio si potrebbe attivare un volume di export aggiuntivo pari a circa 18 miliardi di euro».
L’associazione ritiene inoltre che le ZES, in particolare, possano dare un forte impulso al traffico dei container: «un’analisi di SRM – precisa il rapporto – ha mostrato come su un panel di porti del Mediterraneo, dotati di Zone Economiche Speciali, tale traffico abbia avuto incrementi medi annui negli ultimi 10 anni dell’8,4% (si pensi che in Italia la crescita è stata nello stesso periodo pari a poco più dell’1%). Anche in questo caso, se applicassimo questa percentuale di incremento ai porti meridionali, che movimentano il 40% del traffico container italiano pari a quattro milioni di teus, in 10 anni potremmo aumentare il volume fino a 7,4 milioni di teus. A questo incremento di traffico si assommerebbero anche i conseguenti impatti positivi relativi alla lavorazione logistica a valore aggiunto».
Quindi, conclude il rapporto, con il Mezzogiorno che «è la potenziale piattaforma logistico-portuale del Paese, al servizio dell’industria del territorio», «occorre senza indugio far partire le ZES – Zone Economiche Speciali e investire su porti, intermodalità e logistica integrata ai processi industriali».
«L’economia marittima – ha sottolineato il direttore regionale Sud di Intesa Sanpaolo, Francesco Guido – è un asset fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno in quanto consente di fornire prospettiva alla sua connotazione geografica di piattaforma logistica nel Mediterraneo, area in cui si concentra il 20% dei traffici mondiali via nave. È però fondamentale che ci sia un coerente impegno non soltanto negli adeguamenti infrastrutturali per migliorarne la competitività, ma anche e soprattutto nel cogliere le opportunità straordinarie presenti nelle ZES. Troppo spesso se ne sottolineano gli ambiti di perfettibilità e non le potenzialità». Guido ha ricordato che «Intesa Sanpaolo è impegnata ad accompagnare lo sviluppo delle ZES con un plafond di 1,5 miliardi così come nell’opera di attrazione di investimenti italiani ed esteri».

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