Dati disponibili scarsi e approssimativi. Obiettivi incerti. Regimi differenti e distorsivi della concorrenza
Qual è l’efficacia delle sovvenzioni statali alla navigazione marittima dal punto di vista della salvaguardia delle flotte navali nazionali e dell’occupazione nel settore dello shipping? Non si sa con esattezza e talvolta nemmeno approssimativamente. Questa la conclusione (sconfortante) del rapporto “Maritime subsidies: do they provide value for money?” con cui l’International Transport Forum, il think tank dell’OCSE per le politiche per i trasporti, ha analizzato le forme di sovvenzioni dirette e indirette che sono rese disponibili per il settore marittimo nelle nazioni dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, lavoro che è stato realizzato per valutare se tali aiuti forniscono benefici ai contribuenti e per offrire ai politici raccomandazioni su come aumentare l’efficacia di tali contributi.
Un intento, quello dell’ITF, che si è però scontrato con la mancanza di informazioni dettagliate sulla portata degli aiuti. «Molte nazioni – spiega l’ITF nel rapporto diffuso oggi – applicano sovvenzioni alla navigazione marittima, ma la loro consistenza complessiva non è nota in quanto sussistono lacune sistemiche nei dati». Anche se le informazioni sull’entità degli aiuti sono molto lacunose, il documento dell’International Transport Forum precisa che «almeno tre miliardi di euro all’anno vengono spesi nei Paesi dell’OCSE solo per tre tipologie di sovvenzioni: la tonnage tax, le esenzioni fiscali per i carburanti per il trasporto marittimo nazionale e le misure fiscali per ridurre gli oneri salariali dei marittimi».
Oltre ad essere lacunosi, c’è anche poca trasparenza dei dati. «Attualmente – specifica il rapporto – la maggior parte dei governi non raccoglie sistematicamente dati sull’ammontare delle rispettive sovvenzioni al settore marittimo» e «anche le nazioni che monitorano sistematicamente lo sviluppo del settore marittimo, di solito non includono dati sulle sovvenzioni marittime nei loro rapporti. Di conseguenza mancano dati sulle sovvenzioni marittime. L’Unione Europea – precisa l’ITF – ha una banca dati sugli aiuti di Stato che consente di identificare una parte significativa delle sovvenzioni marittime. Tuttavia non tutte le sovvenzioni marittime sono notificate come aiuti di Stato e pertanto la banca dati dell’UE non fornisce dati completi sulle sovvenzioni marittime».
Il rapporto dell’ITF rileva inoltre che «i dati sugli effetti delle sovvenzioni marittime sono ancora più limitati. Solo pochi governi riferiscono con regolarità su questo aspetto. Uno di questi è la Svezia, che pubblica relazioni annuali sull’utilizzo delle sovvenzioni marittime e sui probabili effetti sul settore marittimo. Altri governi predispongono tali documenti ma non li rendono necessariamente pubblici. Diversi governi talvolta valutano determinate sovvenzioni marittime, come la tonnage tax, ma molte di queste valutazioni mancano di rigore».
Ma a non essere chiari sono anche gli obiettivi dei regimi di aiuti al trasporto marittimo. «La principale sfida per la definizione delle politiche – rileva l’International Transport Forum – è la scarsità di prove che le sovvenzioni marittime raggiungano gli obiettivi prefissi, ad esempio relativamente alla salvaguardia dei registri navali nazionali e dell’occupazione dei marittimi». Secondo l’ITF, «la ridefinizione delle politiche relative alle sovvenzioni al trasporto marittimo potrebbe migliorare i risultati e fermare la corsa al ribasso in atto tra i regimi di sovvenzioni. Una convergenza globale delle riforme – evidenzia inoltre l’ITF – sarebbe ideale per garantire condizioni di parità fra le bandiere concorrenti; inoltre si potrebbero ottenere miglioramenti incrementali e le sovvenzioni sarebbero più efficaci se i loro obiettivi fossero chiariti e fossero subordinati ad effetti positivi, come ad esempio la decarbonizzazione e l’occupazione».
L’ITF sottolinea inoltre che «i regimi più distorsivi dal punto di vista economico dovrebbero costituire la priorità di una riforma» e che «nel complesso una maggiore trasparenza delle sovvenzioni marittime dovrebbe apportare miglioramenti per rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi politici globali».
Il rapporto dell’ITF prende in esame anche le diverse tipologie di sussidi al settore marittimo, tra cui la tonnage tax che viene applicata in varie e diverse forme a molteplici e differenti ambiti del trasporto marittimo, sino a coprire anche attività terminalistiche e di movimentazione delle merci nei porti, ambiti inclusi a partire dagli anni ’90 in molte nazioni tra cui Belgio, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Italia, Lituania, Norvegia, Olanda, Spagna e Svezia. Inclusione – chiarisce il rapporto – che «dal 2011 la Commissione Europea ha pubblicamente accettato con la sua decisione relativa al caso della tonnaxe tax finlandese (EC, 2011, 2017c, 2017d) e nel questionario sulla revisione del 2012 delle linee guida sul trasporto marittimo ha esplicitamente dichiarato che le attività terminalistiche nei porti possono essere incluse nello scopo della tonnage tax (EC, 2012)».
A tal proposito il rapporto dell’International Transport Forum osserva che «l’inclusione delle attività terminalistiche nello scopo delle tonnage tax potrebbe distorcere il mercato delle compagnie di navigazione di linea e delle attività terminalistiche. Le compagnie di navigazione di linea che possiedono container terminal e che li utilizzano per le proprie navi – spiega il documento – potrebbero ricevere vantaggi fiscali che non sono accessibili a compagnie di navigazione che non possiedono container terminal. I terminal operator controllati dai vettori marittimi e quelli indipendenti competono nello stesso mercato, pertanto offrire un trattamento fiscale speciale ad un gruppo ma non all’altro determina una distorsione». Distorsione – rileva il rapporto – che non si verifica solo nei confronti dei terminal operator indipendenti, ma anche degli spedizionieri, dato che diverse compagnie di navigazione containerizzate «hanno l’ambizione di fornire servizi simili a quelli degli spedizionieri». Inoltre il rapporto dell’ITF sottolinea che questo tipo di distorsione a vantaggio delle compagnie di navigazione di linea «è probabilmente facilitata da alleanze, consorzi e accordi per la condivisione di navi».
Relativamente all’occupazione nel settore marittimo, il rapporto ricorda che la maggior parte delle sovvenzioni è collegata indirettamente al sostegno dell’occupazione marittima nazionale, collegamento che per lo più è realizzato tramite la proprietà nazionale o la bandiera nazionale della nave, in quanto si presume che almeno una parte dei marittimi impiegati dalle compagnie di navigazione nazionali che ottengono sovvenzioni sarà costituita da marittimi nazionali o comunitari nel caso dell’UE, ipotesi – precisa il rapporto – di cui può essere messa in discussione la validità visti gli sviluppi degli ultimi decenni ad esempio con l’introduzione da parte della maggior parte delle nazioni dell’OCSE di registri internazionali. «Il collegamento delle sovvenzioni marittime, come ad esempio le tonnage tax, ai marittimi nazionali – evidenzia il rapporto dell’ITF – rischia di indebolirsi quando le sovvenzioni marittime vengono estese ai registri internazionali. Un’altra fonte di preoccupazione – si legge nel documento – è che spesso su queste navi non è consentita una rappresentanza sindacale». «I regimi fiscali sul tonnellaggio – prosegue il rapporto – generalmente non richiedono che le compagnie di navigazione che ne beneficiano assumano marittimi nazionali. Ciò può spiegare la situazione paradossale per cui l’occupazione dei marittimi dell’OCSE è diminuita nonostante l’aumento delle tasse sul tonnellaggio nelle nazioni OCSE e nonostante l’incremento dell’offerta di marittimi dell’OCSE».

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