Secondo le due aziende, alcol, biometano e ammoniaca sono i combustibili del futuro
Se l’impiego come combustibile del gas naturale liquefatto oppure della nafta a basso o bassissimo contenuto di zolfo, oppure ancora l’adozione di sistemi di lavaggio dei fumi di scarico con l’abbattimento delle sostanze inquinanti, sono attualmente le principali opzioni a disposizione delle compagnie di navigazione per rendere le navi delle loro flotte compatibili con le normative internazionali sulle emissioni dello shipping, e in particolare con l’imposizione dell’utilizzo di bunker a basso tenore di zolfo che avrà effetto dal prossimo 1° gennaio, il gruppo danese A.P. Møller-Mærsk, che è leader mondiale nel segmento del trasporto marittimo dei container, e la società di classificazione britannica Lloyd’s Register (LR), ritengono che la soluzione per ridurre sensibilmente le emissioni delle navi, fino ad azzerarle, consiste nella ricerca di nuove fonti energetiche sostenibili. E ciò – secondo le due aziende – comporta che gli armatori dovranno in futuro affrontare incrementi dei costi operativi derivanti dall’acquisto di carburanti più dispendiosi piuttosto che sostenere le ingenti spese in conto capitale necessarie per la costruzione di navi green. La sfida, secondo Maersk e Lloyd’s Register, è di tipo OPEX piuttosto che CAPEX.
Quindi, per quanto riguarda lo shipping, per Maersk e Lloyd’s Register la sfida non è in mare, ma piuttosto a terra: «i cambiamenti tecnologici nelle navi – ha spiegato il direttore operativo di Maersk, Søren Toft – sono minori rispetto alle rilevanti soluzioni innovative e ai diversi combustibili che devono essere trovati per produrre e distribuire fonti energetiche sostenibili su scala globale».
Lo specifico studio su questo tema realizzato dalle due aziende evidenzia che la transizione verso uno shipping più pulito non sarà affatto guidata dal mercato, ma sono e saranno invece necessarie iniziative politiche. È bisognerà anche attuare una revisione approfondita degli incentivi per promuovere questo cambiamento.
Secondo le risultanze dello studio, però, anche gli armatori dovranno fare la loro parte investendo – è questo il consiglio di Maersk e Lloyd’s Register – per assicurarsi che la loro flotta sia flessibile quanto all’utilizzo di differenti combustibili. «Il costo aggiuntivo per costruire una nave con nuovi serbatoi per lo stoccaggio del fuel, con motori modificati e con sistemi di approvvigionamento del carburante – ha rilevato Katherine Palmer, responsabile Sostenibilità di LR – rappresenta un elemento assolutamente minimo del costo complessivo dell’operazione, in quanto le ulteriori spese in conto capitale sono suddivise per la durata della nave, mentre, dato il potenziale impatto dei futuri prezzi del combustibile sui costi operativi, gli armatori devono investire nella flessibilità, ad esempio progettando una nave che oggi può navigare con un tipo di fuel e che successivamente possa essere adattata per navigare con un carburante alternativo».
Carburante alternativo che in futuro potrebbe essere l’alcol, o il biometano oppure l’ammoniaca. Questi infatti, secondo lo studio, sono i combustibili che potrebbero consentire al trasporto marittimo di raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero. Il documento precisa che le proiezioni dei costi di questi tre carburanti sono relativamente simili, ma sono tre opzioni che prospettano sfide e opportunità differenti. «È troppo presto – ha specificato Toft – per escludere del tutto qualsiasi opzione. Tuttavia riteniamo che questi tre costituiscano la base da cui partire. Perciò – ha annunciato il manager della Maersk – dedicheremo l’80% della nostra attenzione a questa ipotesi di lavoro e ci riserveremo il restante 20% per valutare altre opzioni».
Se alcol, biometano e ammoniaca saranno al centro delle ricerche del gruppo armatoriale danese e della società di classificazione britannica per ottenere nel medio-lungo termine soluzioni efficaci per ridurre considerevolmente le emissioni delle navi, le due aziende scartano invece altre possibilità attualmente prese in esame da alcuni primari operatori del settore, come l’utilizzo di batterie e di celle a combustibile. Secondo Maersk e Lloyd’s Register, è improbabile che queste, sotto il profilo commerciale, possano costituire una soluzione a portata di mano per fornire energia per la propulsione di navi verdi.
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