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L’Autoridad del Canal de Panamá ha intimato al consorzio di riprendere l’attività. Quest’ultimo replica che «le aziende che fanno parte di GUPC sono imprese di costruzione, non banche»
La controversia sulla prosecuzione dei lavori di ampliamento del canale di Panama che contrappone la Autoridad del Canal de Panamá (ACP) e il Grupo Unidos por el Canal (GUPC), il consorzio costituito dalla spagnola Sacyr Vallehermoso, dall’italiana Salini Impregilo, dalla belga Jan De Nul e dalla panamense Constructora Urbana (CUSA) che è stato incaricato della progettazione ed esecuzione delle opere, è giunta ad un punto critico.
Ieri l’Autorità panamense, constatando che ora – dopo due settimane di trattative nel corso delle quali l’attività dei cantieri è scesa al 25% – quasi tutte le attività sono state interrotte, ha intimato al consorzio di riprendere i lavori così come previsto dal contratto. L”amministratore dell’ACP, Jorge Quijano, ha ammorbidito i toni precisando che l’Autoridad del Canal de Panamá continua a cercare una soluzione alla controversia, innescata dalla richiesta del consorzio che vengano riconosciuti costi aggiuntivi per circa 1,6 miliardi di dollari in quanto condizioni geologiche impreviste hanno avuto un impatto significativo sui costi delle opere civili ( del 2 gennaio 2014), e che «ACP continua a tenere le porte aperte per una soluzione ragionevole nell’ambito del contratto». Tuttavia Quijano ha aggiunto che il contractor deve ripristinare la normale attività ed ha sottolineato che ciò è essenziale soprattutto in un momento di stagione secca a Panama.
I partner di GUPC hanno invece accusato l’ACP di aver «rotto le trattative», mentre il consorzio è «ancora alla ricerca di una soluzione di finanziamento per completare il progetto ed i lavori nel 2015». Il consorzio ha denunciato che «la rottura dei negoziati pone in imminente pericolo l’ampliamento del canale di Panama e fino a 10.000 posti di lavoro. Senza una soluzione immediata – ha tagliato corto GUPC in una nota – Panama e ACP dovranno affrontare anni di controversie dinanzi ai tribunali nazionali e internazionali sui passi che hanno portato il progetto sull’orlo del fallimento».
GUPC ha sottolineato di aver già completato oltre il 70 % della terza serie di chiuse prevista dal progetto nonostante le difficoltà e le perdite finanziarie, di aver quasi quotidianamente avanzato proposte all’ACP e di aver risposto a quelle dell’authority panamense. Inoltre il consorzio ha reso noto di aver inviato una lettera all’amministratore di ACP Quijano «invitandolo ad abbandonare la sua posizione irragionevolmente rigida e di unirsi a GUPC nello sforzo di raggiungere una soluzione che permetterà il completamento del progetto in conformità con il contratto e le leggi vigenti». GUPC ha precisato di aver anche ribadito l’importanza di ricevere da ACP il pagamento di 50 milioni di dollari per una fattura pendente di cui si è discusso nei recenti incontri per consentire il pagamento dei subappaltatori e dei lavoratori. Il consorzio ha specificato di non aver ricevuto alcuna risposta in merito e di essere ancora alla ricerca di una soluzione.
GUPC ha ribadito che la soluzione possibile consiste in un accordo per il completamento del progetto in base al quale l’onere del finanziamento del progetto di completamento verrà sostenuto attraverso un co-finanziamento 50:50, «nonostante – ha sottolineato il consorzio – gli obblighi contrattuali e le leggi applicabili prevedano che il proprietario del progetto sia responsabile di tutto il finanziamento del progetto».
Inoltre il consorzio ha ribadito che sarà «un tribunale arbitrale internazionale a decidere chi è responsabile dei sovracosti aggiuntivi e chi li debba sostenere in base al contratto e alle leggi applicabili». «Con tale accordo – ha rilevato GUPC – l’ampliamento del canale di Panama verrà completato nel modo più efficiente possibile e ACP inizierà a incamerare i ricavi dell’ampliamento del canale che supereranno l’importo del finanziamento in discussione».
Ricordando che il gruppo assicurativo Zurich prevede che in assenza di un accordo il progetto subirà un ritardo di 3-5 anni, il consorzio ha evidenziato che «le aziende che fanno parte di GUPC sono imprese di costruzione, non banche. È ingiusto e impossibile – ha concluso GUPC – che ACP e Panama si aspettino che aziende private finanzino in proprio costi per 1,6 miliardi dollari di un progetto che dovrebbe essere finanziato interamente da ACP».


