L’Italia ha “pagato” ogni singola tonnellate di CO2 abbattuta con energie rinnovabili, circa 700 euro se lo ha fatto attraverso impianti sovvenzionati di solare, circa 100 euro con l’eolico, 50-60 con le biomasse, a fronte di un valore di mercato che non dovrebbe invece superare i 20 euro. Questo uno dei dati emersi da uno studio dell’Istituto Bruno Leoni che in collaborazione con il Rina e l’Unità tecnica di finanza di progetto della Presidenza del Consiglio ha organizzato oggi a Roma il primo faccia-faccia post IV Conto Energia sugli effetti del taglio negli incentivi sulle rinnovabili. Costi che difficilmente si possono considerare “compensati” dalla riduzione di 2 euro a megawatt ore nel prezzo dell’energia provocato proprio dagli effetti delle rinnovabili e quindi dalla scalata dell’Italia nell’utilizzo delle fonti di energia alternativa. In pieno dibattito sul futuro di questo mercato, proprio la valutazione sui risultati, e sull’eccesso degli strumenti di incentivazione (come sottolineato dal direttore dell’Istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro), sembra disegnare uno scenario nuovo di incentivi mirati all’innovazione nonché a progetti che (sia per i finanziatori che per i promotori) necessiteranno di una selezione e di una valutazione tecnico-economica più attenta e professionale di quanto accaduto in passato. “Un intervento nell’ambito della semplificazione potrebbe da un lato rendere il paese più attrattivo e dunque il mercato più contendibile; dall’altro compensare, almeno in parte, la perdita secca che i produttori di energia rinnovabile sono chiamati a sostenere sui ricavi attesi in relazione alla riduzione dei sussidi.” – ha affermato Ugo Salerno, CEO del RINA – “Di certo occorrerà svolgere un’analisi molto più attenta dei progetti, delle loro valenze economiche, della loro finanziabilità, attraverso l’intervento di soggetti terzi in grado di valutare rischi e opportunità.” Il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia, ha ricordato quali sono le reali motivazioni della scelta rinnovabili, inclusa quella di non ricadere sotto la scure sanzionatoria dell’Unione Europea, ha ribadito che “il solare ha in Italia un futuro superiore a quello degli altri paesi europei” che proprio in queste settimane stanno tagliando gli incentivi, e ha preannunciato un processo di consultazione “spero – ha detto più ordinato – per definire un provvedimento sulle altre fonti energetiche”. Dei 133 GW nucleari oggi esistenti nell’Unione Europea, il 16,5 per cento avrà raggiunto l’età della pensione nel 2020, e l’85 per cento nel 2030. Si può assumere che le rinnovabili svolgeranno un ruolo sostanziale nel sostituire almeno una parte della capacità nucleare in uscita, specialmente da qui al 2020, data la rapidità con cui esse possono essere messe in campo: supponendo che la metà dei circa 22 GW nucleari più anziani usciranno dal panorama europeo entro il 2020, e assumendo che la metà della relativa produzione verrà assegnata alle rinnovabili, si apre un tesoretto aggiuntivo – a livello comunitario – di 13-20 GW rinnovabili (tenendo conto di una producibilità delle fonti verdi di 2-3.000 ore / anno, contro le oltre 7.000 garantite dall’atomo). Un enorme “buco” potenziale che potrebbe crearsi da qui al 2020 e che, se verrà necessariamente coperto in buona parte da fonti tradizionali, si presta bene anche alle rinnovabili. Ma dall’analisi IBL risulta che, anche sulla sostituzione del nucleare lo scenario è di difficile interpretazione. Secondo l’analisi presentata oggi circa il 50% della sostituzione sarà rappresentata da gas, un buon 30% da carbone (con un inevitabile prezzo da pagare in termini di emissioni di Co2 e quindi definitiva rinuncia agli obiettivi di Kyoto) e un 20 di rinnovabili. Se l’eolico, nelle zone ventose, appare già competitivo (in termini medi) e solleva principalmente problemi di bilanciamento, il fotovoltaico (anche nel 2016) appare lontano dalla grid parity. Pur tenendo conto che esso produce nelle ore di massima domanda (e dunque di massimo valore dell’energia prodotta) è essenziale un’attenzione industriale al miglioramento del rendimento dei pannelli. Altrettanto importante è l’attenzione alle biomasse, che rappresentano – per un paese come il nostro – una ricchezza potenziale enorme, data la grande produzione di scarti agricoli da un lato, la programmabilità e continuità della produzione dall’altro. Gli interrogativi si appuntano anche sul differenziale tra i costi italiani ed europei delle rinnovabili (che costituisce una parziale spiegazione, se non giustificazione, della generosità degli incentivi): l’elevato impatto delle incertezze su tempi, costi e risultati degli iter autorizzativi. “La crescita delle fonti rinnovabili in Italia, negli ultimi anni, è stata rapida e irregolare. La riduzione dei costi degli impianti, la maggiore sensibilità delle imprese al tema della sostenibilità, l’obbligo europeo di soddisfare entro il 2020 il 17 per cento dei consumi finali di energia con le fonti verdi, hanno rappresentato un eccezionale propellente per le rinnovabili. Ma nel solo 2011, secondo l’Autorità per l’Energia, le bollette degli italiani subiranno, per l’incentivazione delle fonti rinnovabili, un onere di circa 5,7 miliardi di euro, di cui circa la metà per il fotovoltaico. Si tratta di un deciso aumento rispetto al 2010, quando il fotovoltaico ha ricevuto sussidi dal conto energia per circa 826 milioni di euro, a fronte di una produzione di circa 2 GWh di energia.”