I porti di trasbordo? «Sono in declino, e sicuramente il loro ruolo va ripensato». Luis Valente de Oliveira, coordinatore europeo della Autostrade del mare, è capitato a Genova proprio mentre da qualche giorno è in corso un dibattito sul destino dei grandi hub del Mediterraneo. Di quelli italiani, in particolare, che in questo periodo stanno affrontando una forte crisi occupazionale, dovuta al calo dei traffici. Gioia Tauro, Taranto, Cagliari. E sui quali oggi ci si chiede se ha ancora senso continuare a investire grandi cifre, o se invece non conviene destinare più risorse ai porti di destino, quelli cioè che non sono semplici snodi logistici, ma porti con solidi mercati alle spalle (come gli scali della Liguria o dell’Alto Adriatico). Una tesi sostenuta da Luigi Merlo, presidente dell’Autorità portuale di Genova. E ieri ripresa proprio da de Oliveira.

In sostanza, il funzionario europeo, a Genova ieri e oggi per “studiare” come le autostrade del Mare in Liguria, ha fatto questo discorso: «Oggi, in Europa, abbiamo 300 porti. Questi sono divisi tra scali del North Range e del Mediterraneo. I primi intercettano il 75 per cento dei traffici, i secondi il rimanente 25. I porti di transhipment del Mediterraneo, come ad esempio Gioia Tauro, ma anche Algeciras, soffrono una concorrenza sempre più forte da parte del Nord Africa». Algeciras contende a Gioia Tauro la palma di primo porto di transhipment nel Mediterraneo. «Ma a 14 chilometri, c’è Tangeri, in Marocco. Il rapporto dei costi sulla forza lavoro, è di 1 a 12». E allora? «Allora – spiega de Oliveira – bisogna bilanciare i traffici. Far lavorare tutti.

Ma questo non lo può decidere l’Unione europea. Che però può dare delle indicazioni. E allora, bisogna tornare a valorizzare quei porti che hanno alle spalle un mercato. Creando, con questo mercato, delle connessioni: retroporti, ultimo miglio, rapporto con le città entro le quali molto spesso questi porti si sviluppano». Ma non solo: «Informazione: fondamentale che i porti sappiano comunicare. Quando una nave parte, quando arriva. Un servizio fondamentale per attirare clienti. Così come la rapidità nelle operazioni e una formazione dei portuali: l’ideale sarebbe un Erasmus per i portuali. E i porti di transhipment? «Dovranno imparare a diversificare le loro attività. Ad esempio puntando sui prodotti non finiti. E facendo leva sulle Autostrade del mare». Non solo: de Oliveira vorrebbe estendere gli incentivi ecobonus, sul modello italiano all’Europa intera, o almeno alla Spagna e alla Francia.

«Si tratta di un sistema valido – dice il coordinatore per le Autostrade del mare – che potrebbe essere utilizzato sulle rotte Mediterraneo francesi e spagnole». Ma proprio gli operatori italiani, in un incontro presso la sede della Regione Liguria, hanno fatto presente a de Oliveira – accompagnato dal suo referente in Commissione, José Anselmo – i problemi relativi al meccanismo dell’ecobonus. Stefano Messina, vicepresidente di Confitarma, nota come «ci sono dei problemi dimensionali e culturali» sia da parte degli autotrasportatori, sia però anche da parte degli armatori. C’è poi l’aspetto relativo alla stabilità dell’incentivo: 77 milioni di euro spalmati per tre anni, ma dopo? «Ad oggi, non abbiamo avuto nessuna conferma da parte del governo di nuove risorse destinate all’ecobonus».

Infine, l’intervento degli autotrasportatori, rappresentati dal segretario nazionale di Trasportounito-Fiap, Maurizio Longo. Che in pratica ha contestato il sistema degli ecobonus, ritenendo che lo di fatto questo strumento «droga il mercato. Non si tratta di incentivi, si tratta di rimborsi, che spesso arrivano troppo in ritardo». La burocrazia, è il nodo principale segnalato a de Oliveira. «Inoltre, credo che più che i rimborsi, dovrebbero essere fatte degli interventi strutturali, come l’abolizione nell’autotrasporto dei sub-sub-appalti, per evitare la filiera della disperazione».

 (da: shippingonline.ilsecoloxix.it del 26.01.2010)