Anche il Senato degli Stati Uniti ha stabilito che scansire il 100% dei container che entrano nel paese non sarà possibile nel 2012, data prevista dalla legge approvata nel 2007 dal Parlamento di Washington. Una cosa che è stata subito chiara dopo l’11 settembre è che le nuove misure di sicurezza rischiavano di imbrigliare gli scambi internazionali, rallentando e rendendo più costoso il trasporto. Tutta le iniziative varate dai governi hanno sempre cercato di tenere conto di questo rischio, ma ciononostante non sono mancati malumori fra gli operatori. Se i timori iniziali legati ad esempio alla 24 hours rule sono stati superati, resta ancora la diffidenza, soprattutto in alcuni paesi come la Spagna, verso uno strumento come l’Aeo, l’operatore economico autorizzato, introdotto dall’Unione europea. Per non parlare appunto del 100% scanning statunitense.
Non mancano però le iniziative di segno contrario, che cercano di individuare, all’interno della catena distributiva, i punti critici e le contraddizioni fra misure di sicurezza e rapidità nelle operazioni logistiche. E’ il caso del progetto Imcosec (Improve the supply chain for container transport and integrated security simultaneously), partito il 1° aprile 2010, a cui l’Unione europea ha affidato il compito di identificare e descrivere le lacune nella security dei trasporti e nell’efficienza logistica. Il progetto è finanziato attraverso il 7° programma quadro europeo (Fp7) e riunisce diversi enti, fra cui il Bic (Bureau international des containers) e, per l’Italia, il Politecnico di Milano, e dovrà proporre processi, procedure e tecnologie utili a rendere più fluida la catena di trasporto fra un porto e il suo retroterra. Il primo obiettivo è quello di disegnare una road map che permetta di effettuare attività dimostrative dell’efficienza delle soluzioni individuate. I finanziamenti per queste attività dimostrative saranno richiesti nel prossimo appello del 7° programma quadro, che sarà lanciato nel giugno del 2011.