“Non si risolvono i problemi spostando il porto verso il mare”

 

 

 

GENOVA – C'era una volta il Piano regolatore portuale. Sudato, condiviso a fatica, alla fine approvato. Era il 2002 quando Genova riusciva a dotarsi, finalmente, dello strumento di programmazione necessario per attirare nuovi traffici e, soprattutto, per rispettare la legge. “Tre anni dopo mi sembra di vivere in un'altra città, dove tutto è cambiato rispetto ad allora: il porto, le regole, le persone stesse”. Giuliano Gallanti parla da ex presidente dell'Autorità portuale genovese, ente che lo ha visto in auge per otto lunghi anni, prima che lo chiamassero a presiedere l'Espo, l'associazione dei porti europei. Il suo sfogo arriva ventiquattr'ore dopo il convegno sul lavoro in porto organizzato dalla Cgil a Palazzo San Giorgio. Un dibattito che si era chiuso con l'ammissione di impotenza del suo successore, Giovanni Novi: “Non sempre le scelte dell'Autorità portuale – era stata la sua difesa, di fronte alle critiche di operatori e sindacato – sono condivise dagli enti locali. E senza una volontà comune, passare dai progetti alle opere diventa quasi impossibile”.

“Quello che lascia esterrefatti, in questa città – dice Gallanti – è la tranquillità con la quale si danno per scontati ragionamenti che di scontato non hanno proprio nulla. Faccio un esempio: da mesi sento dire che realizzare gli interventi previsti dal Piano regolatore su Voltri e sul porticciolo Duca degli Abruzzi è vietato. Lo ha ribadito anche Novi, al convegno della Cgil. Ma vietato da chi? Chi ha deciso che quella parte di Prp andava stralciata? Io non vorrei che si facesse confusione fra uno strumento come il Piano regolatore, che ha richiesto anni di lavoro prima di essere approvato da tutti gli enti, nessuno escluso, e l'Affresco di Piano, che resta un'idea discutibile di un pur grande architetto”. Idea discutibile? “Certo, e non sono certo l'unico a dirlo in città – si scalda Gallanti – Tutti quanti, in privato, magari al bar di fronte a un caffè, sorridono e dicono: l'Affresco è un progetto bello, ma irrealizzabile. Io aggiungo che, a mio avviso, non è neppure un bel progetto. Negli ultimi anni nessuna città al mondo ha deciso di trasferire una parte delle attività produttive fuori dal recinto portuale, come intende fare Piano con le riparazioni navali. L'idea diffusa oramai dappertutto va esattamente nella direzione opposta: si restituiscono alla città le aree dismesse, come è successo a Genova con il Porto Antico, ma allo stesso tempo si rinvigoriscono le zone produttive”.

Esiste anche una questione ambientale, alla base dell'Affresco. Molte attività che oggi sono dislocate a ridosso dell'area urbana sono considerate incompatibili con il diritto alla salute dei cittadini. “Io resto convinto che il Piano regolatore – replica Gallanti – sia molto più rispettoso dell'ambiente rispetto all'Affresco di Piano. Liberare spazi in città e sbattere il porto verso il mare non mi sembra un'idea innovativa. Anzi, mi sembra un'idea dal sapore antico, superato. E poco eco-compatibile, direi. Ha ragione Luigi Negri quando dice che un terminal non è la stessa cosa di una raffineria. Ciò che dà fastidio alla città non è la vista del porto, semmai è il traffico che esso genera. L'Affresco rimuove questa parte del problema e ne affronta solo la questione minore”. Ma se è vero, come dice Gallanti, che in pochi sono realmente convinti della fattibilità del progetto di Renzo Piano, perché le voci critiche non si sono mai fatte sentire? “E' il solito complesso di inferiorità della comunità portuale. Genova è abituata a criticare fra le righe, con le mezze parole, senza esporsi più di tanto. Qui, se osi contestare, diventi un nemico pubblico. Mi dispiace dirlo, ma anche nel mio partito (i Ds, ndr) rischi di essere ostracizzato se, parlando dell'Affresco, provi a sollevare qualche obiezione”.

La posta in palio, suggerisce Gallanti, è troppo alta per continuare a fare finta di niente. “Nei prossimi cinque anni i traffici provenienti dall'Asia vivranno un boom senza precedenti. Da un punto di vista storico, per assistere a un fenomeno simile dobbiamo andare indietro di almeno cinquecento anni. Genova abbia il coraggio di riaprire la discussione sul Piano regolatore, se vuole davvero essere protagonista della nuova era marittima che si sta aprendo. L'Italia è un paese in crisi, la nostra città lo è ancora di più. Qualcuno mi spieghi su cos'altro dovremmo puntare, se non sul porto. Sul turismo? Suvvia, non si diventa Venezia o Firenze con una mostra all'anno a Palazzo Ducale. Pensiamo a potenziare le ferrovie, a creare nuovi spazi per il porto e per le attività collegate alle banchine. Pensiamo a creare lavoro per i nostri ragazzi”. E magari a cancellare l'Affresco di Piano? “Non l'ho mai pensato. Certo è che non si può pensare al porto del 2020 senza avere prima pensato a quello del 2005”.

 

Francesco Ferrari