Il porto di Augusta è lì, in mezzo al Mediterraneo, e non intende perdere l'opportunità di sfruttare la propria favorevole collocazione geografica rispetto ai principali flussi del commercio internazionale via mare. Se lo scalo siciliano è da tempo principale crocevia dei traffici di rinfuse liquide, con una movimentazione che è prossima ai 30 milioni di tonnellate di idrocarburi all'anno, ora vuole sviluppare anche nuovi settori commerciali attraendo altre navi e merci che passano poco distanti dal porto, a portata di mano, sulle rotte che uniscono l'Asia all'Europa e il continente europeo all'Africa.

 

La strategia del porto siciliano è stata illustrata l’8 aprile scorso alla stampa a Genova, presso il Genova Port Center, preliminarmente all'incontro di questo pomeriggio tra l'Autorità Portuale di Augusta e primari operatori marittimi e commerciali interessati allo sviluppo e alle potenzialità dello scalo che è stato organizzato dal C.I.S.Co. (Council of Intermodal Shipping Consultants) con la partecipazione di Europea Servizi Terminalistici (EST).

 

Nel futuro di Augusta, a fianco degli idrocarburi, ci saranno sempre più container, rotabili (e passeggeri) e rinfuse secche. Il porto – ha spiegato il neo presidente dell'ente portuale siciliano, Aldo Garozzo – dispone di tutti i servizi e delle figure professionali necessarie per operare nuovi traffici. Attualmente lo scalo è dotato di 320mila metri quadri di piazzali e di un chilometro lineare di banchine e l'authority portuale intende pianificare il suo sviluppo puntando alle opportunità offerte dalla crescita degli scambi internazionali e del trasporto marittimo.

 

Nel segmento dei container Augusta è consapevole di poter aspirare solo a svolgere il ruolo di scalo di transhipment, cioè di porto nel quale i carichi vengono trasbordati dalle navi impiegate nelle lunghe rotte intercontinentali sulle navi feeder dedicate alla distribuzione delle merci nel bacino del Mediterraneo. Il mercato siciliano – ha confermato Garozzo – rappresenta un traffico annuo complessivo di soli 350mila teu. Il ruolo di Augusta dovrà essere giocoforza quello di redistribuire container destinati principalmente ad altri mercati del Mediterraneo.

 

Augusta ha un futuro come hub di transhipment? Sì, è la risposta convinta di Garozzo, che non nutre dubbi sulla ripresa dei traffici containerizzati mondiali con il superamento della crisi economica verso un nuovo assetto dei mercati mondiali, così com'è avvenuto ad esempio – ha rilevato – dopo la depressione del 1873.

 

Non scalfisce tale convinzione neppure il fallito tentativo di insediare un container terminal nel porto di siciliano attuato dal gruppo armatoriale giapponese Kawasaki Kisen Kaisha (“K” Line) con la costituzione nel 2004 della International Terminal Service of Augusta Srl (ITSA), filiale dell'americana International Trasportation Service, Inc. (ITS), la divisione terminalistica del gruppo giapponese. In questi anni la società aveva effettuato investimenti per realizzare il nuovo terminal con lo scopo di movimentare un traffico di transhipment pari a circa 100mila teu all'anno su un'area di 100mila metri quadri. Tuttavia l'iniziativa si è arenata e il gruppo giapponese si è ritirato dal progetto. Ora la società è passata a interessi italiani e – ha confermato Garozzo – è in atto la procedura per verificare se la nuova gestione può sostenere i volumi e l'attività previsti dal progetto e confermare quindi il contratto di concessione che – ha ricordato – ha una durata di 15 anni a partire dal 2006.

 

Ma il futuro di Augusta non sarà solo fatto di idrocarburi (pane quotidiano di Garozzo quale ex manager del gruppo energetico ERG) e di transhipment dei container. L'obiettivo – ha ribadito il presidente dell'Autorità Portuale – è uno scalo multipurpose che punterà, quindi, anche allo sviluppo del traffico ro-pax e di altre rinfuse. In programma – ha spiegato – ci sono progetti per circa 180 milioni di euro da realizzarsi in più lotti. Secondo Garozzo, circa il 50% del valore degli investimenti potrà essere sostenuto finanziariamente dall'Autorità Portuale, mentre la quota restante dovrà provenire da altre fonti pubbliche o private.

 

Il porto siciliano, insomma, è pronto a percorrere nuove strade ed è in cerca di compagni di viaggio. Forse ne troverà qualcuno tra gli operatori incontrati questo pomeriggio.

 

(da: informare.it del 08.04.2010)