I recenti, drammatici fatti di Londra e Sharm el Sheik hanno riportato alla ribalta delle cronache il tema della security, con accompagnamento di misure d'urgenza prese sull'onda degli eventi. Ma sarebbe un errore ridurre all'emergenza terrorismo il discorso sulla sicurezza e soprattutto quello sulla sicurezza nei trasporti.
Certo, quando si verificano episodi di questa gravità ci si rende conto che molto resta da fare, anche se è difficile valutare quanto i provvedimenti presi abbiano evitato episodi analoghi. Gli investimenti e le norme a favore della security sono mirate a non far succedere qualcosa e quindi, per definizione, hanno un effetto che non è visibile o percepibile.
Anche se in questi giorni è difficile distogliere gli occhi dalle immagini degli attentati, questi fatti così tragici rischiano però di orientare verso un bersaglio sbagliato l'attenzione di chi si occupa di sicurezza nei trasporti, avvalorando un'equazione che non sempre è corretta: quella fra security e antiterrorismo. Le misure di sicurezza non riguardano solo le azioni di Osama bin Laden o di chiunque si nasconda dietro al nome Al Qaeda.
Spesso gli operatori del trasporto, nella loro attività professionale, sono portati a chiedersi se davvero il terrorismo abbia a che fare direttamente con loro. E' un dubbio che ha una sua legittimità. E tuttavia, appunto, security non è solo difesa dal terrorismo. In realtà, si tratta di un tema che va affrontato a 360° e che interessa il trasporto intermodale in maniera più diretta di quanto gli stessi operatori non pensino. Con tale termine si intende, più correttamente, la protezione da ogni danno alla proprietà e alle persone causato da azioni intenzionali. Un aspetto a cui raramente si pensa è, per esempio, quello della protezione dei sistemi d'informazione attraverso cui vengono gestite le spedizioni. Chi riuscisse a interferire con questi sistemi, che ai profani appaiono spesso come videogiochi virtuali, potrebbe riorientare la destinazione di un carico o addirittura farlo sparire. Altri problemi di pertinenza della security: dal più banale, che è quello di evitare furti, al prevenire la sostituzione di carico. Sono sempre più frequenti le cronache di immigrati che, per entrare clandestinamente in Italia, restano vittime di soffocamento dentro un container: non tutti, purtroppo, si possono attrezzare come Amir Farid Rizk, l'egiziano-canadese che, nell'ottobre del 2001, fu trovato nel porto italiano di Gioia Tauro all'interno di un container che sembrava un miniappartamento, con letto, lavandino, telefono satellitare e scorte per un mese. Fu proprio quell'episodio, fra l'altro, che allarmò l'opinione pubblica di tutto il mondo (Rizk in un primo momento venne sospettato di terrorismo e poi scagionato) e spinse l'Imo a varare nel giro di un anno l'Isps code.
Sicurezza significa inoltre evitare che, per dolo o imperizia, si verifichino situazioni di rischio nel trasporto di merci pericolose: in un campo dove maggiore è la sensibilità delle norme internazionali rivolte alla safety, cominciano a essere incluse anche regole di security.
Come abbiamo visto, c'è ancora moltissimo da fare, soprattutto nell'opera di sensibilizzazione sul problema. Le amministrazioni pubbliche hanno il dovere di prendere un ruolo di guida per divulgare una maggiore coscienza del fatto che molte cose stanno cambiando. Tolte alcune realtà in cui la sensibilità sulla sicurezza è sviluppata, molti operatori del trasporto non ritengono ancora che sia necessario investire in questo campo. Se suimass media è soprattutto la preoccupazione per il terrorismo che veicola questa sensibilità, tuttavia il fatto di non sentirsi un bersaglio non deve significare ridurre l'attenzione sulle esigenz, molto più ampie, della security.