Il terminal Sech ingrandirà le proprie gru per poter accogliere portacontainer fino a 10.000 teu di capacità. L’annuncio è stato dato ieri dal presidente del terminal, Luigi Negri, nel corso della tavola rotonda “L’evoluzione dei traffici marittimi nell’area del Mediterraneo in relazione allo scenario mondiale”, appuntamento che si è tenuto nel quadro del convegno di tre giorni Port & Shipping Tech.

 

Il Sech ha appena firmato il contratto con la società italiana di engineering Omg, che allungherà i bracci delle cinque gru di banchina e ne potenzierà i motori per rendere più veloci le operazioni: la prima gru sarà pronta fra 7-8 mesi e le successive verranno consegnate a cadenza di tre mesi. L’investimento complessivo è di 14 milioni di euro e permetterà al Sech, grazie anche al pescaggio a filo banchina di 14,5 metri di cui dispone il terminal, di accogliere navi da 8.000-10.000 teu, che a Genova finora non sono mai arrivate con servizi regolari.

 

«Abbiamo già avuto – ha spiegato Negri a margine dell’incontro – richieste per far venire a Genova navi da 8.500 teu, ma abbiamo dovuto optare per quelle da 6.500. Per questo, nonostante la crisi, abbiamo deciso di compiere questo sforzo, in modo da essere pronti, fra un anno, ad accogliere navi di capacità superiore agli 8.000 teu». Le gru saranno certificate da Bureau Veritas e non avranno, secondo Negri, problemi di vento, dovuti piuttosto alle cataste di container vuoti.

 

L’annuncio del rafforzamento delle gru del Sech è una risposta concreta ai temi affrontati nel corso della tavola rotonda. In particolare i relatori hanno cercato di immaginare quali opportunità e quali prospettive avrà l’Italia dello shipping quando i traffici riprenderanno a crescere. Bruno e Antonio Musso hanno rilanciato l’idea di attrezzare il porto di Genova per accogliere un flusso di 10 milioni di teu. Lo stesso Negri si è pero mostrato scettico di fronte a questa prospettiva, invitando a cercare di conservare il bacino d’utenza attuale, che può spingersi al massimo fino alla Svizzera, senza pensare di poter fare concorrenza ai grandi porti del Nord Europa sui mercati dell’Europa centrale.

 

Secondo il presidente di Assologistica, Nereo Marcucci, l’Italia ha bisogno di una svolta politica a favore del settore ferroviario merci, che oggi appare congelato: «La politica dell’ad Moretti nei confronti di Trenitalia – ha detto Marcucci – è condivisibile quando concentra i traffici e riduce i costi. Capiamo che il settore cargo era diventato un ramo secco e che perciò venga tagliato, cancellando linee e aumentando drasticamente le tariffe.

 

Quello che non accettiamo è che Trenitalia, mentre si disimpegni da questo settore, impedisca ai privati di subentrare con i propri servizi». Marcucci punta il dito in particolare con la direttiva emanata quest’estate dal presidente Silvio Berlusconi, che riduce a 71 i nodi intermodali gestiti da Rfi, lasciando gli altri a disposizione di Fs Logistic, col rischio che servano a operazioni immobiliari. Il timore è che vengano utilizzati per fare cassa, mentre Assologistica vorrebbe che fossero affidati ai privati: «Abbiamo bisogno che la politica ferroviaria del governo, che pure ha aspetti positivi, venga accompagnata dal pluralismo».

 

Anche Luca Sisto, moderatore della tavola rotonda e dirigente di Confitarma, ha invitato il governo a un impegno maggiore per rafforzare il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo. Claudio Ferrari, Roberto Zanovello e Alberto Cozzo hanno avvertito che l’Italia in futuro potrebbe rimanere ai margini dei grandi assi logistici internazionali, soprattutto dopo l’ampliamento del canale di Panama. L’avvocato Cozza ha poi portato l’esempio della piattaforma logistica della Ford in Turchia. Qui si assemblano le auto per il mercato mediterraneo. La piattaforma e approvvigionata attraverso un linea ferroviaria che collega la Turchia con Colonia, in Germania, e coi porti del Nord Europa.

 

(da: lavvisatoremarittimo.it del 09.11.2009)