La nuova normativa sull’Iva mette in difficoltà agenti marittimi e spedizionieri, già alle prese con la crisi dei commerci internazionali. Il decreto legge 18, pubblicato lo scorso 11 febbraio 2010, introduce una serie di novità che, se non verranno corrette, renderanno più difficile l’attività degli operatori dello shipping. La criticità maggiore riguarda la territorialità, ossia il luogo dove va pagata l’Iva. Se nel vecchio regime a pagare era, nel proprio paese, chi prestava il servizio, adesso questo obbligo si sposta, in base al meccanismo del reverse charge o inversione contabile, al beneficiario del servizio, che nello shipping è spesso un’azienda estera.

La nuova normativa è però congegnata in modo tale che agenti, broker e spedizionieri rischiano di perdere lo status di esportatori abituali, uno strumento che permette loro di fare acquisti senza assoggettamento Iva, calmierando così l’ammontare dei crediti vantati nei confronti dell’erario. In pratica, a partire dal gennaio 2011, quando cominceranno a farsi sentire gli effetti del provvedimento, le imprese avranno un credito alto nei confronti dello Stato, quindi soldi immobilizzati, e scarsa liquidità per portare avanti la loro attività.

Di questo e di altri problemi provocati dal d.l. 18/2010 si parlerà questa mattina al palazzo della Borsa di Genova, al convegno nazionale su “Le novità Iva 2010: prestazioni di servizio, reverse charge e Intrastat”, organizzato da Fedespedi e Federagenti. “Il convegno – spiega una delle relatrici, Stefania Morasso – vuole essere un momento di incontro fra gli operatori e i rappresentanti dell’amministrazione centrale, a quattro mesi dall’entrata in vigore del provvedimento”. Sono infatti previsti gli interventi di Giuseppe Peleggi, direttore dell’Agenzia delle dogane, e di Cesare Rossi, della direzione centrale Normativa- Ufficio Iva dell’Agenzia delle entrate, a cui agenti e spedizionieri potranno chiedere spiegazioni sulla nuova norma e, eventualmente, interventi correttivi.

La nuova normativa è entrata in vigore in tutta l’Unione europea lo scorso 1° gennaio (in Italia, fino alla pubblicazione del decreto a febbraio ha sopperito e fatto testo una circolare dell’Agenzia delle entrate) e recepisce tre direttive europee, le 8, 9 e 117 del 2008, sulle prestazoni del servizi.

Oltre al rischio di perdere la condizione di esportatore abituale e i vantaggi che ne conseguono, al convegno di oggi verrà discusso anche altri punti critici delle norma, fra cui il modo in cui è possibile identificare se il committente all’estero è soggetto passivo d’imposta, ossia se non è un privato cittadino, ma svolge attività d’impresa. A farsene carico dovrà essere il prestatore, ma per avere indicazioni su come effettuare questa verifica si attendono le linee guida dell’Unione europea, che non sono ancora disponibili in versione definitiva.

(da: lavvisatoremarittimo.it del 06.05.2010)