«Sa, alla fine è molto più facile arrivare sott’acqua in un porto, magari con addosso delle armi, piuttosto che pilotare un aereo contro due torri». Così Osvaldo Faggioni, primo ricercatore dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) spiega l’ultima frontiera del terrorismo. Un incubo per l’intellegence di mezzo mondo: il porto di una città popolosa, con un grande transito di merci e passeggeri. «Prendiamo giusto i casi della Spezia, con il traffico delle metaniere, oppure Genova, dove è forte il flusso di passeggeri – spiega Faggioni -. Ma il discorso può essere esteso a tutti i porti d’Europa».

 

Faggioni, insieme al collega Rodolfo Zunino a cinque ragazzi del dipartimento di Ingegneria biofisica ed elettronica dell’Università di Genova, è riuscito ad arrivare dove all’estero hanno fallito interi istituti di elettromagnetisti («voglio dire, posti con 50, 100 persone…»). Cioè inventarsi un orecchio elettronico così sofisticato da individuare il rumore di un sub «che striscia sul fondale, passa rasente alle scogliere, sotto e dietro le navi» pur nel rumore dell’acqua dei porti.

 

«Pensi alle onde elettromagnetiche prodotte dai motori delle navi, oppure che so, dai pezzi di ferro, dalle gru, dai motori elettrici». A chiunque piace andare sott’acqua, sarà capitato più di una volta di avere la sensazione, quando passa un gommone o un motoscafo, di sentirlo vicinissimo, quando invece è distante centinaia di metri. Basta moltiplicare per cento: ecco quello che si sente sott’acqua nei porti. Il sensore “made in Spezia” permette di individuare, nel fracasso di un grande porto industriale, anche il fruscio minimo provocato da un sub.

 

Il progetto di Faggioni e dei suoi ragazzi è il cuore del progetto Harbour Protection System, a cui hanno lavorato insieme Svezia, Italia, Norvegia e Germania – e colossi industriali come ad esempio la Saab. Il sistema è stato approvato in questi giorni dall’agenzia europea della Difesa, organismo della Ue, e avrà il suo lancio ufficiale – con tutta probabilità in autunno – proprio in Liguria. Poi si passerà alla produzione, che sarà fatta da piccole e medie imprese. Un lavoro iniziato quattro anni fa «ma a questa particolare tecnologia ci stiamo dietro da dieci anni» dice Faggioni.

 

Tanto che la parte italiana, l’orecchio elettronico iper-sensibile, doveva essere utilizzato già al G8 della Maddalena, poi spostato all’Aquila. Il costo del progetto è stato di cinque-sei milioni di euro, gran parte investiti dalla Marina e da Wass, un tentacolo di Finmeccanica. Un segnale positivo in tempi bui per la ricerca marittima, molto colpita dalla manovra del governo, con l’abolizione degli istituti di Oceanografia e geofisica sperimentale, quello di Ricerche navali e del Centro internazionale radio-medico. Ingv graziato? «Diciamo che siamo rimasti in piedi. Già qualcosa – risponde Faggioni -. Ma ho sentito tanti colleghi in difficoltà. L’accorpamento non è certo un problema per noi vecchi archibugi. Il vero disastro è per i ragazzi, i precari: con le sinergie, saranno i primi a pagare. E questo lo dovete capire».

 

(da: shippingonline.ilsecoloxix.it del 06.06.2010)