Il prefetto Carlo De Stefano, capo della direzione centrale della polizia di prevenzione, l’Antiterrorismo, ha spiegato fin dal 1° agosto di aver già utilizzato le prime norme del “pacchetto Pisanu”, appena passato definitivamente alla Camera, a larga maggioranza, per arginare un pericolo di attentati che appare crescente anche in Italia e che trova sicuramente negli attentati di Londra e di Sharm una non ignorabile cassa di risonanza. Degli articoli della nuova legge, tuttavia, soltanto uno, il 18, si occupa del problema dei trasporti, se si eccettuano alcuni accenni nell’articolo 8 – che attribuisce al ministro dell’Interno la possibilità di disporre «con proprio decreto speciali limiti o condizioni all'importazione, commercializzazione, trasporto e impiego di detonatori a accensione elettrica a bassa e media intensità e degli altri esplosivi di seconda e terza categoria» – e nell’articolo 9 – che esclude i voli commerciali dall’integrazione della disciplina amministrativa dell’attività di volo.
Più diffuso l’articolo 18, ma lontano – così pare a una prima lettura – dal percepire il problema della security nei trasporti e nelle infrastrutture logistico-intermodali. Certo, non era facile per il ministro dell’Interno – pressato da stringenti esigenze di ordine pubblico – delineare meglio i confini che possono segnare le condizioni “straordinarie” dell’allarme-terrorismo da quelle “ordinarie”, ma non meno determinanti, di eventi quotidiani tuttavia “rischio”: può ad esempio un poco stupire che il “pacchetto Pisanu”, attento anche al controllo degli internet center, non lo sia altrettanto a un potenziale impiego “deviato” delle nuove tecnologie derivate dal computer al trasporto intermodale, del quale costituiscono oggi un nervo assai sensibile, non soltanto in caso di attacchi terroristici.
L’idea di vigilanza e di security delle nuove disposizioni antiterrorismo esce (e era forse inevitabile) da una visione di controllo meramente territoriale delle infrastrutture e non piuttosto dall’idea di un affinamento di quel controllo, realizzabile anzitutto con una diversa presa di coscienza della questione e dei suoi vari aspetti e passaggi da parte di tutti gli operatori coinvolti nella catena del trasporto di merci e anche di persone. Così, nel comma 1 dell’articolo della legge antiterrorismo, “è consentito l'affidamento a guardie giurate dipendenti o a istituti di vigilanza privata dei servizi di sicurezza sussidiaria nell'ambito dei porti, delle stazioni ferroviarie e dei relativi mezzi di trasporto e depositi, delle stazioni delle ferrovie metropolitane e dei relativi mezzi di trasporto e depositi, nonché nell’ambito delle linee di trasporto urbano, per il cui espletamento non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego di appartenenti alle forze di polizia”. Se una norma del genere può garantire a un primo livello una maggiore sorveglianza in punti che potrebbero divenire “bersagli”, la sua efficacia potrebbe rivelarsi dispersiva, senza una messa in opera adeguata e “competente”, che il comma 2 dell’articolo 18 attribuisce, “di concerto con il ministero dell’Interno”, al dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che dovrà stabilire “le condizioni, gli ambiti funzionali e le modalità per l'affidamento dei servizi predetti, i requisiti dei soggetti concessionari, le caratteristiche funzionali delle attrezzature tecniche di rilevazione eventualmente adoperate, nonché ogni altra prescrizione ritenuta necessaria per assicurare il regolare svolgimento delle attività di vigilanza”. Su questo punto può probabilmente aprirsi un importante tavolo di discussione sui temi della security nella loro complessità.